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Tutto per amore

Omelia nella Messa di ringraziamento e di saluto alle suore Ancelle dell’Amore misericordioso
Chiesa San Giovanni Bosco – Ugento, 9 ottobre 2022

Cari fratelli e sorelle,
Care Ancelle dell’Amore misericordioso,
Rev. da Madre Vicaria,

con quali sentimenti e atteggiamenti dobbiamo vivere questo momento nel quale le suore Ancelle dell’Amore misericordioso salutano questa comunità parrocchiale dopo aver prestato per tanti anni il loro generoso servizio? 

Certamente dobbiamo considerare l’evento con gli occhi della fede. Il lumen fidei è un potente fascio di luce che illumina tutta l’esistenza e orienta la nostra vita personale e la storia della comunità cristiana. Dare primato alla fede significa che è il Signore ha prendere l’iniziativa su tutto quello che avviene e realizziamo nella nostra vita. Per questo in ogni situazione felice e dolorosa dovremmo ripetere le parole che Giobbe pronunciò in un momento particolarmente difficile della sua esistenza: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, benedetto sia il suo Nome» (Gb 1,21).

Questa espressione biblica si addice a tanti eventi della nostra vita. Si tratta dell’atteggiamento dell’uomo di fede che guarda la realtà dal punto di vista di Dio e scopre che, nelle circostanze difficili da comprendere e addirittura anche in quelle cariche di sofferenza e di dolore, è giusto continuare a benedire il Signore. Le suore che vivono con noi questo momento di sofferenza che nasce dal distacco, sapranno esprimere la lode al Signore, consapevoli che la storia si muove secondo un suo progetto anche se non riusciamo a vederlo e a comprenderlo. 

Insieme agli occhi della fede è necessario leggere questo particolare avvenimento con gli occhi della ragione. La decisione non è stata presa a cuor leggero. I fatti sono stati attentamente valutati. I superiori hanno compiuto un lungo e approfondito di discernimento. C’è dunque una ragionevolezza in questa scelta, che rimane dolorosa per tutti, in chi la decide e in chi la mette in atto. 

Agli occhi della fede e occhi della ragione bisogna accompagnare gli occhi del cuore. Evidentemente ogni forma di distacco, soprattutto dopo un lungo periodo, tocca la sensibilità e la dimensione emotiva di tutti perché nel tempo si sono create relazioni, si sono stretti rapporti, si è instaurato un dialogo, si sono approfondite sincere amicizie. Non ci viene chiesto di vivere questo momento in maniera asettica, ma con il trasporto della nostra sensibilità. 

Ecco, direi che questi tre atteggiamenti indicano le tre modalità che dobbiamo sapere coniugare per considerare questo avvenimento con gli occhi della fede, della ragione e del cuore. Certo, la partenza delle suore lascia un vuoto che si potrà colmare solo in parte. La comunità religiosa infatti richiama tre valori in una comunità parrocchiale. 

Innanzitutto, afferma il valore della vita consacrata, un segno di incalcolabile valore perché rende più ricca e armonica la comunità cristiana. Mostra con evidenza la natura del popolo di Dio, costituito da una pluralità di membri: sacerdoti, laici e persone consacrate. Attesta che la vita consacrata è una delle dimensioni essenziali della Chiesa. Non è mai mancata e non potrà mai mancare. Pertanto quando una comunità religiosa lascia una parrocchia viene a mancare non solo la loro presenza, ma si offusca anche il segno e il valore della vita consacrata. 

Le Ancelle dell’Amore misericordioso sono state un segno di una particolare efficacia non solo perché hanno testimoniato la ricchezza e la molteplicità delle vocazioni che il Signore elargisce al suo popolo, ma soprattutto perché hanno dato testimonianza del loro carisma, a tal punto che a quel carisma hanno attinto anche alcuni laici. Si è costituito così il gruppo “ALAM”, Associazione laicale dell’Amore misericordioso. Stando accanto alle delle suore, alcuni laici hanno compreso la bellezza del carisma spirituale della fondatrice Madre Speranza e hanno desiderato vivere secondo lo stile che lei ha insegnato. 

A questo si deve aggiungere il valore della testimonianza e dell’apostolato. Le suore hanno vissuto il loro apostolato e il loro servizio in tante modalità e con una esemplarità che rimarrà come un lascito spirituale di particolare rilevanza. La prima caratteristica è stata la semplicità dello stile. Esse hanno evitato qualsiasi tipo di ingerenza nella vita delle persone, ma sono rimaste accanto a tutti dando un esempio non solo nella vita ecclesiale, ma anche in quella sociale. Per fare un esempio mi piace richiamare che avete visto suor Maria camminare per le strade e le piazze di questo paese con il carrello della spesa intenta a svolgere le faccende domestiche. Non è una cosa da poco, se anche il Concilio Vaticano II ha descritto la vita di Maria anche nella dimensione della ferialità. Nel documento sulla vocazione dei laici, riferendosi alla Madonna, il testo afferma: «Viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro»[1]. Don Tonino Bello facendo leva su questa frase ha costruito la sua mariologia con titoli con i quali invita a invocare la Madonna ammirando la virtù della semplicità.

La seconda caratteristica è stata la disponibilità al servizio sociale e pastorale secondo gli orientamenti e le direttive del parroco in armonia, con tutti gli atri uffici e compiti ecclesiali. Mi piace soprattutto evidenziare la disponibilità dal servizio più impegnativo: l’educazione e l’accompagnamento dei ragazzi del catechismo. La terza caratteristica, la più importante di tutte, è stata la gratuità. Le suore non hanno preteso nulla per se, proprio come insegna il Vangelo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Semplicità, disponibilità e gratuità sono virtù che tutti i cristiani dovrebbero vivere. 

Ringraziamo il Signore per questo esempio di vita. Nello stesso tempo, desideriamo far giungere alla Madre Generale il nostro ringraziamento più sincero, più familiare e più fraterno, per l’esempio dato dalle suore. Èl’atteggiamento messo in rilievo dal brano del Vangelo che abbiamo ascoltato. Dieci lebbrosi vengono sanati, ma uno solo torna a lodare il Signore. Il Vangelo annota che era un samaritano, cioè un estraneo se non un nemico. Non succeda che, dopo aver ricevuto tutta questa ricchezza, non coltiviamo sentimenti di ringraziamento.

La liturgia ci insegna a trasformare il ringraziamento in “azione di grazia”. Gratias agere è l’apertura del cuore e la riconsegna di ogni cosa al Signore. la consapevolezza che tutto si compie per l’azione della grazia. Gratias agere è vivere nella memoria di quanto la grazia ha compiuto nella nostra comunità anche attraverso la presenza delle suore. 

Accompagniamo il loro cammino con la nostra preghiera, nella consapevolezza espressa dalla preghiera della Colletta: «Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene». Il Signore ci benedica perché, come insegna Madre Speranza, ci impegniamo a fare «tutto per amore».


[1] Apostolicam actuositatem, 4.