Ancora nessun commento

Tratti esemplari del ministero pastorale di don Tonino Bello

Omelia nella Messa al Pontificio Seminario Regionale
Molfetta, 13 gennaio 2022

Rivolgo il mio saluto al rettore, don Gianni Caliandro e lo ringrazio per l’invito a presiedere questa liturgia eucaristica. Saluto anche tutti gli altri componenti della comunità educante: i padri spirituali, i professori e gli animatori. Un pensiero particolare lo rivolgo a voi, cari seminaristi. Ritorno sempre con gioia in questo in ambiente formativo del clero pugliese per fare memoria degli anni della mia permanenza come alunno e come uno dei responsabili della formazione

 Siamo alla vigilia della messa di ringraziamento che sarà presieduta dal Cardinale Marcello Semeraro, sabato prossimo a Molfetta e il giorno successivo ad Alessano. È il momento propizio per tornare riflettere sulla figura e il ministero sacerdotale ed episcopale di Antonio Bello, essendo egli stato un alunno di questo Seminario negli anni del liceo (1950-1953). 

Per un piano provvidenziale di Dio, sono stato in questo Seminario, insieme al cardinale Semeraro, anche se con compiti diversi, negli stessi anni dell’episcopato di mons. Bello in questa diocesi molfettese (1982-1993). Siamo dunque stati testimoni oculari di quello che il Venerabile Antonio Bello ha detto e ha fatto. Per entrambi, questa permanenza è stata una grande grazia. Ora, secondo un imperscrutabile disegno di Dio, ci ritroviamo, lui come Prefetto della Congregazione delle Cause dei santi ed io come Vescovo della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca.   

La figura, il pensiero, la storia di don Tonino in questo periodo stanno acquisendo una risonanza sempre più maggiore anche in riferimento alla sua Venerabilità. È necessario, però, non assecondare l’onda emotiva ma comprendere in modo più approfondito il suo messaggio e la sua testimonianza di fede. Potremmo infatti incorrere nella facile tentazione di conoscere don Tonino per slogan o attraverso frasi da ricavare dai social, senza aver letto nulla dei suoi scritti e approfondito il suo lascito culturale e spirituale.  Questa sera, pertanto, vorrei richiamare alcuni tratti esemplari del ministero pastorale di don Tonino perché siano punti di riferimento in questi anni di formazione al sacerdozio. 

Il primo aspetto riguarda l’invito a cogliere con occhi nuovi i segni dei tempi. È la prospettiva fondamentale del Concilio Vaticano II che don Tonino ha fatto diventare la sua stella polare. Era infatti consapevole del cambiamento sopraggiunto e della dinamicità degli eventi. Per questo, già nella prima quaresima vissuta a Molfetta egli si soffermò a illustrare questa categoria conciliare sottolineando l’importanza non solo del discernimento dei segni del dei tempi, ma lasciarsi prendere dalla suggestione dei contrasti e di ritenere che fosse giunto il «tempo dei segni! Di segni forti. Di gesti concreti. Di esemplarità nuove! E l’esemplarità nuova è quella della comunione». A suo giudizio ciò è impedito dal fatto che «siamo troppo divisi nei progetti, nei programmi, nei percorsi, nelle mete. Siamo troppo arroccati, ognuno nel suo guscio, nel suo ghetto, nella sua casa, nella sua Chiesa. La scomunica diviene stile. La differenza divien prassi. Il sospetto reciproco diviene metodo».  Per questo egli insisteva: «Ritroviamo, carissimi fratelli, le cadenze smarrite del dialogo interpersonale. Riscopriamo la gioia della corresponsabilità. Assaporiamo il gusto della collaborazione. A tutti i livelli. All’interno della casa. Tra una famiglia e l’altra. Tra parrocchia e parrocchia. La quaresima è tempo di segni. È tempo di frutti».[1]

Per leggere i segni dei tempi occorre, secondo don Tonino, guardare la realtà con occhi nuovi. A fare problema, infatti, «più che le “nuove povertà”, sono gli “occhi nuovi” che ci mancano. Molte povertà sono “provocate” proprio da questa carestia di occhi nuovi che sappiano vedere. Gli occhi che abbiamo sono troppo antichi. Fuori uso. Sofferenti di cataratte. Appesantiti dalle diottrie. Resi strabici dall’egoismo. Fatti miopi dal tornaconto. Si sono ormai abituati a scorrere indifferenti sui problemi della gente […]. Sono avvezzi a catturare più che a donare […]. Sono troppo lusingati da ciò che “rende” in termini di produttività […]. Sono così vittime di quel male oscuro dell’accaparramento, che selezionano ogni cosa sulla base dell’interesse personale […]. A stringere, ci accorgiamo che la colpa di tante nuove povertà sono questi occhi vecchi che ci portiamo addosso […]. Di qui, la necessità di implorare “occhi nuovi”. Se il Signore ci favorirà questo trapianto, il malinconico elenco delle povertà si decurterà all’improvviso e ci accorgeremo che, a rimanere in lista d’attesa, saranno quasi solo le povertà di sempre»[2]. Per don Tonino guardare con gli occhi del Risorto significa imparare «a comprendere / che additare le gemme che spuntano sui rami / vale più che piangere sulle foglie che cadono»[3].

Un secondo aspetto che mi sembra importante richiamare, quale è conseguenza del primo, è la necessità di inventare e utilizzare un linguaggio nuovo. Ascoltando i segni dei tempi, bisogna far ricorso a parole nuove. Oggi, ci troviamo spesso in difficoltà a dialogare con i più giovani perché non riusciamo a parlare un linguaggio vicino alla loro mentalità. Sicuramente avete letto il libro che raccoglie i testi mariologici di don Tonino, intitolato Maria donna dei nostri giorni. Oltre alla profondità del pensiero mariano, è un chiaro esempio di come si può parlare della Madonna in una modalità comprensibile ai nostri giorni. Interessanti sono i titoli con cui don Tonino invoca la Vergine Maria. Se prendete tra le mani il testo e lo leggete, notate la dimensione feriale con cui don Tonino ha tratteggiato Maria, utilizzando un nuovo registro linguistico, nuove categorie di pensiero, nuovi vocaboli e nuovi titoli mariani.

Il terzo tratto si riferisce alla necessità di tenere insieme testi e parole secondo l’insegnamento contenuto nella Dei Verbum secondo la quale la rivelazione si è compiuta “gestis verbisque”[4]. Si tratta di evidenziare la circolarità e l’interdipendenza tra i gesti e le parole. Le parole illuminano i gesti e questi danno sostanza alle parole. È il metodo evangelico proposto da Gesù: fare e annunciare, compiere gesti salvifici e predicare la parola[5]. Per usare il linguaggio di don Tonino, occorre privilegiare “il potere dei segni” per spiegare il valore dei gesti.

Il quarto punto che volevo condividere con voi riguarda il superamento dell’“etica del doppio binario”: quante volte capita che si considerano le questioni sociali e ambientali affrontate da don Tonino e si dimenticano i suoi interventi sull’etica della persona o della famiglia[6]. Ed è chiaro che un approccio di questo tipo porta a una parziale comprensione del suo messaggio. A tal proposito vorrei ricordarvi un altro importante scritto di don Tonino “Stola e grembiule” e precisare che oltre al grembiule c’è bisogno anche della stola.   

L’ultimo aspetto che voglio condividere insieme con voi, e che è una sorta di sintesi complessiva della vita e degli scritti di don Tonino, è la dimensione pasquale della sofferenza e della morte. Interessante è come don Tonino ha vissuto il momento conclusivo della sua vita. Fino alla fine ha inteso fare la volontà di Dio accettando anche la sofferenza rimanendo sempre vicino al suo popolo. Anche in quel momento, ha manifestato il suo amore verso Dio e verso la Chiesa, pienamente avvolto dalla luce del Risorto. Mons. Magrassi, Arcivescovo di Bari-Bitonto, ha definito le esequie di don Tonino, come “un tramonto luminoso, quasi più fascinoso di un’alba. Un vero dies natalis”.       


[1] A. Bello, I segni dei tempi, in Id., Omelie e scritti quaresimali, vol. 2, Edizioni Luce e Vita, Molfetta 1994, p. 290.

[2] Id., Occhi nuovi, in Id., Omelie e scritti quaresimali, cit., pp. 396-397.

[3] Id., Santa Maria, compagna di viaggio, vol. III, p. 322.

[4] Dei Verbum, 2.

[5] Cfr. V. Angiuli, Parole di fuoco, immagini smaglianti, gesti profetici, Omelia nella Messa per il 35° di ingresso di don Tonino Bello nella diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi, Cattedrale, Molfetta 25 novembre 2017.

[6] Cfr. Id., No all’etica del doppio binario, articolo pubblicato su “Nuovo Quotidiano di Puglia- Lecce”, venerdì 1° ottobre 2021, pp. 1 e 27.