
Francesco torna da Lesbo (Grecia) e porta a Roma 12 profughi siriani musulmani (3 famiglie), scacciati dalla guerra dalle loro case, e che non hanno null’altro che le loro ossa. La loro sofferenza ha toccato nell’intimo il Papa venuto dai confini della terra. Hanno trovato ricovero presso la Comunità di Sant’Egidio. “Sono tutti figli di Dio”, ha detto fra l’altro con la voce
segnata dallo strazio. Un gesto assai forte, inaspettato, da definire in maniera polisemica. Lo facciamo con S. E. Monsignor Vito Angiuli, da 5 anni vescovo della Diocesi salentina di Ugento-Santa Maria di Leuca (di fronte al Mediterraneo), un “pastore” colto (filosofia e musica fra le sue passioni), bella penna (numerose pubblicazioni alle spalle, fra cui una su don Tonino Bello, e non per caso), impegnato nella trincea delle asprezze e le infinite contraddizioni della contemporaneità (accoglienza degli “ultimi”, No-Triv, xylella, SS. 275 a quattro corsie, ecc.).