LA VICENDA MILLENARIA DELLA DIOCESI DEI DUE MARI

di Salvatore Palese

UGENTO-SANTA MARIA DI LEUCA

La denominazione risale al 1° agosto 1959, quando con decreto della S. Congregazione Concistoriale, su richiesta del vescovo Giuseppe Ruotolo, all’antico nome della diocesi Uxentina fu aggiunto quello di S. Mariae Leucadensis. Il suo territorio si estende per 475 kmq, nella parte estrema della provincia di Lecce, bagnata dai mari Jonio e Adriatico, confinante al nord con le diocesi di Nardò-Gallipoli e con l’arcidiocesi di Otranto.

La diocesi è suffraganea della sede metropolitana di Lecce e fa parte della Regione Ecclesiastica Pugliese. Conta circa 123.000 abitanti (98% cattolici) e comprende 43 parrocchie appartenenti a 18 comuni: Acquarica del Capo, Alessano, Castrignano del Capo, Corsano, Gagliano del Capo, Miggiano, Montesano Salentino, Morciano di Leuca, Patù, Presicce, Ruffano, Salve, Specchia, Supersano, Taurisano, Tiggiano, Tricase, Ugento. La cattedrale di Ugento è dedicata all’Assunta. Patrono della diocesi è s. Vincenzo di Saragozza, diacono e martire del III secolo.

Ad oggi svolgono il loro ministero 71 preti diocesani e 7 diaconi permanenti; 26 seminaristi frequentano il seminario minore e nei seminari maggiori si preparano al sacerdozio.

Sono presenti due case religiose maschili e 21 femminili. Minima è la diffusione di comunità non cattoliche e di testimoni di Geova, mentre cresce la presenza di ortodossi provenienti dai paesi dell’Est europeo e di musulmani immigrati da paesi asiatici e africani e dall’Albania, senza propri luoghi di culto.

DALLE ORIGINI AL 1818

La presenza di un vescovo nell’antica città messapica (dal nome Ausentum, grecizzato Ozan, Oxan, Uxentum e Jentos, latinizzato Oxentum e Uxentum) è attestata nel secolo XII. Secondo le recenti ricerche di Andrè Jacob, il primo vescovo fu un certo Giovanni, tra il 1125 e il 1175. Vescovo seguente fu un certo Simone, monaco di Montecassino; altro vescovo noto è Lando, eletto il 22 luglio 1214. La cattedrale era intitolata a s. Vincenzo di Saragozza, diacono e martire. Una lettera di Innocenzo III del 23 giugno 1198 ci informa che i vescovi ugentini erano suffraganei degli arcivescovi di Otranto. Dal secolo XVI al sec. XIX, fino all’unità d’Italia i vescovi furono di nomina regia.

Anteriori sembrano gli insediamenti rupestri di cui rimangono visibili i resti a Specchia, Presicce, Acquarica e altrove. Dei secoli medievali sono la chiesa di Santa Eufemia a Specchia, con l’abside del sec. IX-X, e facciata posteriore, recentemente restaurata; l’edificio della Madonna dei panetti, ad Acquarica del Capo, con l’abside a bema, del sec. XII e con gli sviluppi posteriori.

Nel territorio e nella città episcopale vi erano gruppi di rito greco, come attestano i collettori delle decime papali agli inizi del sec. XIV, nel 1324, e la tradizione orientale che si può intravedere nei lacerti di affreschi dei sec XIII-XIV; a Ruffano qualche prete greco perdurò fino al sec. XVII. Della vita religiosa di questo periodo sono testimonianze storiche la presenza dei possedimenti dei Teutonici, a Ugento, nella chiesa rupestre del Crocefisso e ad Acquarica del Capo nella masseria turrita di Celsorizzo, nella cappella dedicata a s. Nicola, con il suo importantissimo ciclo di affreschi, del 1283 (datazione di fondamentale importanza per la pittura dell’intera provincia). Di poco posteriori sono le chiese di Santa Maria della strada a Taurisano, con importante facciata, e del secolo seguente quella di Santa Maria del Casale, nella campagna ugentina, prospiciente il mare Jonio.

La prima attestazione esplicita dell’esistenza del Capitolo della cattedrale si ha nel 1282, quando il cantore e i canonici elessero il vescovo Goffredo. Nel 1310 i procuratori del Capitolo parteciparono al concilio provinciale di Otranto quando il nunzio papale promulgò la decima ecclesiastica imposta da Clemente V: otto componenti del Capitolo hanno il titolo di abbati e presumibilmente si tratta dei canonici.

Al sec. XV sono datati gli insediamenti dei Francescani minori a Ugento e dei Conventuali a Specchia, nella cui chiesa di San Francesco si trovano gli affreschi del ciclo di s. Caterina d’Alessandria del 1532, e la costruzione del monastero delle Benedettine a Ugento, unica espressione di vita regolare femminile in tutta la diocesi fino alla metà del sec. XIX. Dalla giurisdizione pastorale del vescovo di Ugento dipendevano clero e fedeli dei luoghi di Acquarica, Barbarano, Gemini, Lucugnano, Miggiano, Montesano, Presicce, Ruffano, Ruggiano, Specchia, Supersano, Taurisano, Torrepaduli, rimasti fino ad oggi, oltre quelli dei casali scomparsi.

Le popolazioni dei piccoli e numerosi luoghi erano nella soggezione dei loro feudatari, secondo quella organizzazione del territorio che diedero i Normanni prima, e poi gli Svevi e gli Angioini. Esse furono coinvolte nelle lotte che sconvolsero il Meridione e contrapposero Aragonesi e Francesi, prima, e Francesi e Spagnoli negli anni ‘21-’30 del sec. XVI, e non furono risparmiate dall’occupazione turca della provincia, di circa un anno, dopo la presa di Otranto (1480) e dalle scorrerie ricorrenti, la più dura delle quali fu quella del 1537, quando furono saccheggiate le città episcopali di Castro e di Ugento e andarono distrutte tante testimonianze storiche. Una certa sicurezza esse godettero quando la provincia e le altre regioni meridionali trovarono sistemazione nel forte viceregno di Napoli, in mano a Carlo V. I vescovi, nominati da lui e dai suoi successori, rilanciarono l’organizzazione ecclesiastica e numerose personalità di rilievo ricevettero la diocesi ugentina a compenso dei loro meriti conseguiti nella curia regia. Tra questi si possono ricordare il colto Antonio Sebastiano di Minturno (1559-1566) presente al terzo periodo del concilio tridentino e artefice di un sinodo diocesano nel 1564, il carmelitano Desiderio Mazzapica teologo a quel concilio (1566-1593), il mercedario spagnolo Ludovico Gimenez (1627-36), il giurista napoletano Gerolamo De Martino (1627-1648) che fece il sinodo diocesano nel 1645, il celebre giurista portoghese Agostino Barbosa che nei pochi mesi di episcopato istituì una parrocchia a Gemini (1649), il teatino napoletano Antonio Carafa che fu vescovo per un quarantennio (1663-1704), celebrò il sinodo diocesano nel 1680 e lasciò i suoi beni per la ricostruenda cattedrale.

La precedente cattedrale medievale era diventata piccola per gli abitanti che dai 1.400 circa nel 1705 erano diventati 2.500 circa nel 1747, e si trovava in condizioni precarie per i danni ricevuti nel 1537 dall’assalto dei Turchi alla città. Ai primi del secolo XVIII, precisamente negli anni 1718-1743, fu costruita ampia e solenne, a croce latina, dedicata all’Assunta, con vari altari di cui i più pregevoli sono quello maggiore, del Sacramento (1745) e della Madonna del Carmine (1746). Essa raccolse la suppellettile della precedente, fu consacrata nel 1743 dal vescovo Arcangelo Maria Ciccarelli (1738-1747) che dotò il prezioso suppellettile marmoreo, e ulteriormente abbellita dal vescovo Giandonato Durante (1768-1781).

Si può dire questa fu l’era tridentina dentro la quale, per altro, i Carmelitani si insediarono, in aggiunta a quello di Morciano (1450), a Presicce (1559), a Torrepaduli (1560) e a Miggiano nei decenni seguenti, i Cappuccini a Salve (1579) e a Ruffano (1621), i Francescani minori a Presicce (1603) e i Domenicani a Specchia (1608). Della loro azione pastorale se ne avvantaggiarono le popolazioni: conventi e chiese, predicazioni e devozioni, arricchirono i vari casali. Numerose si diffusero le confraternite di varia intitolazione, soprattutto mariana, che educarono alle devozioni e alle opere di carità.

I vescovi residenti, visitatori e legiferanti, spesso provenienti dai regolari, allargarono gli orizzonti pastorali del clero officiante nelle chiese matrici. Ma la loro opera non consegui tutti i risultati a causa della brevità dei loro episcopati, della provenienza estera di alcuni di loro e la durata della vacanza della sede, antecedente le loro nomine, la più lunga delle quali fu degli anni 1651-1659. Del seminario vescovile, essi non riuscirono neppure a mettere le premesse, benché la soppressione dei conventini, voluta da Innocenzo X nel 1652, fosse motivata dalla destinazione dei loro beni al funzionamento dei seminari. Furono soppressi i conventi dei Carmelitani di Miggiano, di Torrepaduli (ripristinati poi nel 1659) e di Presicce (riaperto nel 1670) e il convento dei Domenicani di Specchia. Pertanto essi diedero la precedenza della ricostruzione della cattedrale e il seminario fu istituito soltanto nel 1752, dal vescovo Tommaso Mazza (1747-1768). Ma il suo pieno funzionamento fa parte della storia del secolo seguente. Circa il Capitolo della cattedrale, solo a partire dagli anni ‘20 del sec. XVIII furono istituiti il canonico penitenziere e il canonico teologo.

Nei secc. XVII-XVIII si registrò, come altrove, una fervida stagione architettonica in tutto il territorio diocesano, dalla chiesa matrice di Ruffano (con le grandi tele del pittore Saverio Lillo e il bellissimo altare del Sacramento, forse il più bello dell’intera provincia, voluto dalla confraternita omonima), alla chiesa matrice di Salve, alla cattedrale di Ugento, alla chiesa matrice di Presicce (1778-1781) e a quella di Taurisano (1796-1808): tutte conservarono pitture e statue delle chiese precedenti. La loro costruzione attesta, anche, lo sviluppo demografico delle popolazioni e la cultura che circolava in questi territori.

La rivoluzione del 1799 giunse anche in queste parti con gli alberi della libertà che furono piantati in qualche paese. Durante il decennio francese (1806-1815) le istituzioni ecclesiastiche risentirono della politica innovatrice di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat. Dopo la morte di Giuseppe Corrado Pansini, già lontano da Ugento dal 1804, la diocesi rimase senza vescovo negli anni 1811-1818 e fu governata da vicari capitolari. Fu chiuso il monastero delle Benedettine di Ugento e furono soppressi i conventi dei Carmelitani a Morciano, Presicce e Torrepaduli, e quello dei Conventuali a Specchia. Ma le loro chiese rimasero aperte al culto dei fedeli. Nel riordinamento delle diocesi meridionali, determinato dalla bolla di Pio VII De Utiliori del 27 giugno 1818, la diocesi divenne più grande per l’annessione della soppressa sede vescovile di Alessano, del suo territorio e delle sue parrocchie.

L’ANNESSIONE DELLA DIOCESI DI ALESSANO

La diocesi era situata nella parte estrema meridionale della regione, bagnata dall’Adriatico e dallo Jonio, confinava con la diocesi di Ugento e l’arcidiocesi di Otranto di cui era suffraganea; di essa faceva parte il casale di Santa Eufemia (Tricase) sistemato a qualche chilometro oltre il confine diocesano. L’esistenza della diocesi è attestata dal sec. XI: un suo vescovo non nominato partecipò alla consacrazione della chiesa del monastero di Montecassino, il 1° ottobre 1071 e un altro vescovo fu indicato in una lettera di Innocenzo III, del 1198, sia pure con l’indicazione di episcopus Leucadensis. I suoi vescovi furono sempre suffraganei degli

arcivescovi di Otranto. È stato sufficientemente dimostrato da André Jacob che l’indicazione Leucadensis va intesa Alexanensis. Non è sostenibile la sua origine apostolica attribuita all’apostolo Pietro, né che i vescovi di Leuca fin dal sec. X avrebbero risieduto ad Alessano, sia pure saltuariamente, per essere al sicuro dalle invasioni saracene, e poi definitivamente dal sec. XIV, come è stato affermato da scrittori del secolo XVII.

Del Capitolo della chiesa cattedrale la prima attestazione è contenuta nel verbale della raccolta delle decime pontificie del 1324, quando compare il cantore del clero della cattedrale, composto di dodici beneficiati, di cui cinque con il titolo di abbas. Nella stessa circostanza sono menzionati altri chierici beneficiati. Si può pensare che la costituzione del Capitolo sia stata contemporanea alla presenza del vescovo. Centro religioso importante fu il santuario di S. Maria de finibus terrae, sul promontorio di Leuca, meta di pellegrinaggi fin dai secoli medievali. Di particolare significato storico e artistico sono pure le medievali costruzioni delle Centopietre e della chiesa di San Giovanni (sec. XII), a Patù, e i ruderi della chiesa di San Pietro (sec. X) e la struttura della chiesa parrocchiale di Giuliano.

Di chierici greci ad Alessano si parla nel menzionato verbale del 1324, ma pure negli atti della visita apostolica del 1628, in altri luoghi della diocesi; di tale tradizione è rimasto il titolo di alcune chiese parrocchiali, come San Giovanni Crisostomo a Giuliano, Sant’Ippazio a Tiggiano, Santa Sofia a Corsano.

Dei non pochi insediamenti monastici rimangono quello rupestre di Santa Maria Lomito (Tricase) e i ruderi della chiesa di Santa Barbara a Montesardo (sec. XIV). Ad Alessano, all’antico monastero benedettino di Sant’Angelo, si aggiunsero il convento dei Francescani Conventuali (sec. XIV) e quello dei Cappuccini (1629). Nella diocesi, a Tricase sorse il convento dei Domenicani (1495) con la monumentale chiesa di San Domenico dei secoli seguenti e la loro attività educativa dei chierici del luogo e dei dintorni; sempre a Tricase il convento dei Cappuccini (1585), a Montesardo quello dei Conventuali (1610), a Gagliano quello dei Minimi (1615) e più tardi quello degli Scolopi a Tricase (1752). Furono coinvolti nella soppressione di Innocenzo X, nel 1652, il convento degli Agostiniani di Corsano, dei Celestini di Alessano e quelli dei conventuali di Montesardo e di Alessano (ripristinato nel 1654).

Sono questi i segni dell’era tridentina in questa diocesi, ai quali va aggiunto il governo pastorale di vescovi venuti da lontano come il colto Celso Mancini (1597-1612), Andrea Tontoli (1667-1695), Giovanni Jannello (1718-1743) riordinatore della giurisdizione ecclesiastica e della disciplina del clero nei paesi e in particolare del Capitolo della cattedrale alessanese. La sua memoria è legata al santuario di Leuca che egli ricostruì più grande, a croce latina, sulla preesistente struttura medioevale. Dionigi Latomo Massa (1755-1780) diede avvio alla costruzione della grandiosa cattedrale, progettata da Felice De Palma (1760). Nella realizzazione avviata nel 1773 l’intera città, che nel 1743 contava circa 1.800 abitanti, si esaltò ed esaurì tutte le sue capacità: il suo compimento avvenne molti decenni dopo, nel 1839, quando non c’era più la diocesi alessanese.

Più fortunata fu la costruzione dell’ampia e bellissima chiesa matrice di Tricase (1743-1772), la terza in verità dopo quella medievale e la seconda della fine clel sec. XVI. Di questa stagione di fervore costruttivo sono testimonianza pure le chiese matrici di Castrignano del Capo (1737) e l’abbellimento del quella di Gagliano del Capo (1608).

Durante il decennio francese (1805-1815), tra l’altro, furono soppressi i Conventuali ad Alessano, i Minimi a Gagliano del Capo, i Domenicani, gli Scolopi e i Cappuccini a Tricase: le loro chiese rimasero aperte al culto e i Cappuccini furono richiamati a Tricase nel 1823. La giurisdizione dei vescovi di Alessano si estendeva al clero e ai fedeli di Arigliano, Caprarica, Castrignano, Corsano, Gagliano, Giuliano, Montesardo, Patù, Salignano, San Dana, Tiggiano, Tricase e Tutino. Con l’attuazione della ricordata bolla di Pio VII, del 27 giugno 1818, la diocesi Alessano fu soppressa e annessa a quella di Ugento.

LA NUOVA DIOCESI DI UGENTO

Camillo Alleva (1818-24) fu il primo vescovo. Con il rilancio del seminario vescovile, di cui scrisse le regole, con la visita pastorale diede l’assetto alla nuova diocesi ugentina, nel contesto della sistemazione delle istituzioni ecclesiastiche, programmata dalla restaurata monarchia dei Borboni, come la sistemazione delle chiese recettizie in ogni paese. Per la formazione del clero volle il seminario nell’edificio che era stato del monastero soppresso delle Benedettine, da lui restaurato ed adattato; definì il piano di studi che era quello del seminario arcivescovile di Napoli ed assicurò le rendite per il suo funzionamento e per il compenso dei maestri. Questo seminario era finalizzato all’educazione dei giovani “destinati al servizio dell’Altare e dello Stato”; quindi era pure un collegio aperto ad alunni esterni. Gli studi iniziavano con le lezioni di lingua italiana e latina, di aritmetica e proseguivano con quelle di geometria, matematica e fisica, nonché di letteratura e commento

degli autori classici, educazione civile, canto e sacre cerimonie. Per i seminaristi venivano

dati corsi di teologia dommatica e morale; i loro maestri ne educavano il cuore con buone

istruzioni, con la pratica delle virtù, e con la frequenza ai sacramenti.

In quei decenni, poi, furono ripristinati i conventi dei Cappuccini a Tricase (1823) e ad Alessano (dopo il 1824) e, nei seguenti, quelli dei Conventuali di Specchia (1858) e dei Minimi a Gagliano del Capo. Un centro di devozione popolare cominciò a decollare a Torre Paduli, nei dintorni di Ruffano, il santuario dedicato a s. Rocco.

Di rilievo fu l’episcopato del vincenziano Francesco Bruni (1837-63) con le sue ripetute visite pastorali e il sinodo diocesano del 1858. Egli costruì il campanile della cattedrale (1843) e completò la sua facciata con solenne pronao della cattedrale (1855), costruì la nuova sede del seminario accanto al palazzo vescovile. Guidò il clero nelle vicende rivoluzionarie del 1848 e della unificazione, a cui si contrappose e, di conseguenza, dovette riparare a Napoli nel 1860, subendo poi le indagini censorie del governo italiano. Così avvenne pure per alcuni preti resistenti al nuovo corso politico. La diocesi rimase, ancora una volta, senza vescovo per un intero decennio (1863-1873).

Frattanto le istituzioni ecclesiastiche venivano scompigliate dalla rivoluzione liberale attuata dal governo nazionale italiano. Tra l’altro, nel 1866, furono soppressi i conventi degli Osservanti di Presicce e di Ugento, e dei Cappuccini di Alessano, Tricase e Salve, dei Minimi di Gagliano del Capo e dei Conventuali di Specchia: i loro locali furono destinati agli usi civili più diversi e le loro chiese rimasero aperte al culto dei fedeli. Con ondate successive la demanizzazione dei beni ecclesiastici coinvolse, alla fine, pure quelli delle confraternite e delle loro opere caritative. I cimiteri fuori dell’abitato e il municipio diventarono i segni del nuovo corso, nei piccoli paesi del Salento estremo. Si può considerare l’avvio del processo di laicizzazione della vita delle popolazioni, non tanto la registrazione delle nascite e delle morti, quanto invece la sepoltura dei defunti fuori della chiesa matrice.

In queste mutate condizioni contestuali i vescovi rilanciarono la formazione dei chierici e l’azione dei parroci, e con le loro lettere pastorali della quaresima denunziarono i rischi delle dottrine che si andavano diffondendo, e indicarono al clero i capisaldi della tradizione cristiana. Alla loro attenzione s’impose la condizione del santuario di Santa Maria di Leuca: il vescovo Salvatore Luigi Zola (1873-1877) recuperò alcuni locali confiscati e gli diede l’attuale fisionomia. La devozione popolare venne rilanciata e l’avvenire cristiano delle popolazioni fu, in qualche modo, indicato nella grande croce di pietra, eretta sul promontorio, nel 1901, dal vescovo Luigi Pugliese. Incisiva fu l’opera di questo vescovo (1896-1923) per il rilancio dei cattolici in questa parte estrema del Salento: le sue visite pastorali promossero l’ammodernamento dell’attività pastorale e il ruolo del clero orientato decisamente verso l’attività parrocchiale. Cominciò a vedersi il benefico risultato nel clero nuovo: vanno ricordati Giovanni Cantoro di Acquarica del Capo e Agostino De Razza di Ugento, ai quali si aggiunsero quelli della nuova generazione Vito Tonti di Taurisano, Giovanni Lisi di Miggiano e Francesco De Filippis a Salve che divenne vescovo di Veroli (1931). Una personalità di spicco nella letteratura classica fu quella dell’ex gesuita Giuseppe Giannuzzi ritiratosi ad Acquarica del Capo nel 1884 e morto nel 1915. Il rinnovamento del clero fu originato pure dalla formazione dei giovani chierici nel nuovo seminario regionale che Pio X aveva voluto a Lecce nel 1908 e affidato ai Gesuiti e trasferito a Molfetta nel 1915. In qualche modo cominciò a vivacizzarsi l’impegno sociale del clero e dei laici e si costituirono associazioni di mutuo soccorso per operai e contadini; il Partito Popolare Italiano si diffuse e le leghe bianche dei contadini ad Ugento occuparono le terre demaniali; ma le squadre fasciste ebbero la meglio e si estese il consenso al nuovo corso politico, grazie pure alle riforme sociali introdotte e a significative opere realizzate, come l’illuminazione dei paesi e il completamento dell’acquedotto pugliese, nel 1939, con le grandiose e scenografiche opere terminali a Leuca.

I decenni centrali del sec. XX, tra seconda guerra mondiale e concilio Vaticano II, furono segnati da trasformazioni notevoli nella vita delle popolazioni e, di riflesso nella loro vita religiosa: la riorganizzazione democratica dell’amministrazione dei comuni, con le passioni politiche del tempo e il coinvolgimento dei grandi partiti nazionali e dei loro orizzonti ideali; la difficile ripresa economica e l’emigrazione in Europa e nelle altre regioni italiane, la diffusione dell’istruzione e dei mezzi della comunicazione, lo sviluppo urbanistico dei paesi sono elementi del contesto entro il quale si venne a collocare l’impegno dei laici di A.C. e delle altre associazioni cattoliche di categoria, l’attività pastorale del clero e la direzione del vescovo Giuseppe Ruotolo (1937-1968). Egli diede identità alla diocesi, raccogliendone e pubblicandone le notizie storiche nel volume Ugento – Leuca – Alessano. Cenni storici e attualità (Cantagalli, Siena 1952) e ne promosse la compattezza avviando il bollettino ufficiale Ugento Cattolica (1940), ma ancor più con le visite pastorali e i sinodi diocesani, svolti puntualmente secondo la periodicità canonica. Rilanciò lo sviluppo del seminario completandone la costruzione e coinvolse il clero nel movimento “per un mondo migliore” di p. Riccardo Lombardi, a cui egli aderì con convinzione ed entusiasmo.

Diede nuovo impulso alla devozione alla Madonna di Leuca e accanto al santuario antico

egli volle la creazione di “un villaggio del fanciullo” e di una casa per il clero, suscitando adesioni e sostegno di benefattori. Ad Ugento volle un oratorio per i giovani e nelle varie parrocchie assecondò l’ulteriore diffusione delle religiose di recente istituzione, come le

Discepole di Gesù Eucaristico. Nel 1942 benedisse l’origine, a Miggiano, delle Figlie di S. Maria di Leuca e dell’associazione di laiche consacrate. Il concilio Vaticano II mise in movimento

le varie componenti diocesane: il vescovo Ruotolo vi partecipò intensamente, comunicando alla diocesi i suoi ripetuti interventi ai lavori dell’assemblea, e desiderò l’attuazione del rinnovamento programmato, istituendo ben presto nuovi organismi diocesani. Ma in questa fatica egli si fermò, ritirandosi nella trappa delle Tre Fontane di Roma, dove morì l’11 novembre del 1970 e lasciandone tutto l’impegno ai vescovi successori, l’amministratore apostolico Nicola Riezzo (1969-1974), ai vescovi Michele Mincuzzi (1974-1981), Mario Miglietta (1981-1992), Domenico Caliandro (1993-1999), Vito De Grisantis (2000-2010).

Tratti significativi dell’ultimo quarantennio sono la centralità della parrocchia nell’attività pastorale, l’istituzione di nuove parrocchie nei centri maggiori e la costruzione di chiese parrocchiali e annesse opere pastorali, con forti coinvolgimenti popolari e con interessanti sviluppi culturali e artistici. Dal punto di vista istituzionale vanno ricordati la moltiplicazione delle parrocchie in alcuni paesi in crescita (Taurisano, Ruffano, Tricase, Ugento) e il trasferimento delle parrocchie di Depressa e di Sant’Eufemia (Tricase) dall’arcicliocesi otrantina alla diocesi ugentina, rispettivamente nel 1988 e nel 1990; infine dal 1980 la diocesi venne a far parte della provincia ecclesiastica con sede metropolitana a Lecce. La vitalità della diocesi di questi ultimi decenni ha avuto ulteriori espressioni significative nella singolare personalità di don Tonino Bello e nella sua intensa attività pastorale, fino alla sua nomina a vescovo di Molfetta (1982) e nella vivace sensibilità missionaria che ha originato una serie di iniziative in Rwanda, sostenute dalla generosità di molti laici e preti come, tra gli altri, don Ernesto Valiani, († 2007) e l’impegno personale di don Tito Oggioni Macagnino, primo prete ugentino fidei donum, morto a Kigali nel 2001. Si aggiungano l’organizzazione dell’Archivio storico diocesano e della Biblioteca del seminario vescovile, la fondazione della Scuola teologica diocesana (1981), poi di formazione degli operatori pastorali, il Consultorio familiare diocesano.

Di particolare significato religioso e sociale è l’Ospedale Giovanni Panico di Tricase, avviato negli anni ’60, per l’impegno determinante della congregazione delle Suore Marcelline; esse raccolsero e svilupparono decisamente la volontà e i beni lasciati allo scopo dal card. Giovanni Panico (1895-1962) a conclusione del lungo servizio diplomatico per la S. Sede; il complesso è in pieno sviluppo nel sistema ospedaliero della intera provincia leccese.

Il 14 giugno 2008 Papa Benedetto XVI ha visitato in pellegrinaggio il santuario di Santa Maria di Leuca e ha celebrato l’eucarestia con tutti i vescovi della Regione Pastorale Pugliese.

Dal 4 dicembre 2010 è vescovo mons. Vito Angiuli.