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Omelia per la Solennità del Corpus Domini, Cattedrale, Ugento 29 maggio 2016

L’immagine della porta ha una forte carica simbolica. Rappresenta la separazione o la comunicazione tra i due ambiti, non solo come identificazione dello spazio fisico che delimita l’esterno dall’interno o viceversa, ma anche come passaggio tra due livelli: il noto e l’ignoto, il profano e il sacro. La porta di una casa definisce il limite tra il mondo esterno e quello domestico di una normale abitazione. La porta di un tempio identifica il passaggio tra il mondo profano e quello sacro. La porta ha anche la valenza di “espressione” perché diviene una sorta di “porta-volto” in grado di esprimere compiutamente l’essenza dell’edificio di cui fa parte come ad esempio i portali medievali delle Chiese e delle Cattedrali o i portali dei palazzi rinascimentali. La porta, infine, è elemento di identificazione della vita. Questa altro non è se non un continuo varcare soglie, attraverso il passaggio da una fase all’altra: dalla nascita alla morte attraverso la pubertà, il matrimonio, la maternità/paternità, lo studio, il lavoro. Passaggi comuni agli umani, che l’individuo deve affrontare per accedere da una stanza all’altra; dal primo ingresso (la nascita), attraverso una serie di transiti intermedi fino all’uscita che avviene con la morte. Questa, a sua volta, immette in un percorso che collega con il mondo ultraterreno.