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Omelia nella Messa esequiale di don Giuseppe Stendardo, chiesa sant’Elia Profeta, Ruggiano, 23 dicembre 2020

Caro don Giuseppe, in questa liturgia esequiale la parola di Dio sembra quasi dettarci l’epitaffio da scrivere sulla tua tomba: «Beati i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li accompagnano» (Ap 14,13). Sappiamo bene che la Parola Dio è Spirito e vita e non un semplice diffondersi di suoni che colpiscono l’udito e lasciano vuoto il cuore. Essa scende dall’alto e, come lama di fuoco, con il suo alito rinnova ciò che è appassito e dona nuova giovinezza a ciò che è invecchiato. Nulla può opporsi alla sua forza ristoratrice, nemmeno la morte. È un fiume di acqua sorgiva che irrora l’arida steppa e fa fiorire anche il deserto. «È viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).