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Le Stigmate e la Misericordia [Recensione di mons. Salvatore Palese]

Nel 2008  Vittorio De Marco auspicò che si analizzasse tra le altre cose, l’influenza di don Tonino Bello nell’esperienza cappuccina del Novecento in Puglia (Vittorio De Marco, I cappuccini nella Puglia del XX secolo. Aspetti sociali di una presenza ecclesiale in «La Provincia dei frati minori cappuccini di Puglia. Cinque secoli di storia. Primo centenario della rifondazione della Provincia (1908-2008)», a cura di Rosa Anna Savoia, Edizioni Grifo, Lecce 2010, p. 87). Il recente lavoro di Francesco Neri risponde a questa attesa.

Don Tonino infatti fu un terziario francescano, come è scritto sulla pietra che chiude la sua tomba nel cimitero di Alessano. Lo diventò il primo gennaio 1962, già prete dall’8 dicembre 1957. Della spiritualità francescana egli visse tutta la vita, in maniera discreta ma abbastanza consistente, come emerse in tanti passaggi del suo ministero di prete e soprattutto di vescovo. Il volume di padre Francesco Neri ne da ampia e dotta illustrazione che riempie di stupore, ammirazione e gratitudine.

Don Tonino espresse una delle tre anime della città nativa di Alessano: quella francescana appunto, che in lui prevalse su quella clericale espressa nell’ex cattedrale settecentesca della soppressa diocesi (1818) e su quella mercantile che dal 1921 ha il suo simbolo nella banca Tamborino-Sangiovanni (ora CREDEM). Non è poi fantasia intravedere che l’orgogliosa città si è sviluppata nel corso del Novecento intorno a questi tre poli, la cattedrale al centro e, agli estremi, la banca diventata poi bolognese e il convento dei Cappuccini dal 1628, più lontano dall’abitato di quanto era stato il convento francescano di Sant’Antonio, soppresso e mai più riattivato.

Il clima francescano di Alessano fu arricchito proprio dai Cappuccini dell’intera provincia, che tutti o quasi sono passati di lì per farsi seguaci veraci del santo di Assisi. In quel clima crebbe don Tonino e mai più se ne allontanò. Anzi, il rapporto con essi continuò e si intensificò quando divenne vescovo e con il suo magistero alimentò le loro idealità francescane. Senza dire che da vescovo gli toccò approvare quella singolare esperienza francescana della Casa Betania di Terlizzi, efflorescenza cappuccina della fine del secolo scorso in terra pugliese e oltre.

L’appartenenza cappuccina di don Tonino è illustrata da Francesco Neri nell’introduzione del volume (pp. 13-22) in modo essenziale ed efficace.

Le radici del suo francescanesimo sono esplorate nel primo capitolo: con il santo di Assisi, il prete ugentino e il vescovo molfettese si accompagnò per sempre e nella sua sensibilità e nella sua esperienza fu «evocazione di originarietà e sorgente di freschezza evangelica» (p. 47) come lo attestano i non pochi riferimenti ricorrenti nei suoi scritti.

I nuclei di fede e di spiritualità sono rilevati nel secondo capitolo (pp. 49-88). Riferimenti espliciti o significative assonanze tra i due evidenziano la centralità di Cristo, «presentata e coltivata attraverso le mediazioni della preghiera, del vangelo, dell’eucarestia, grazie ai sacerdoti». L’autore padre Neri lavora sulle biografie di entrambi e sulle loro riflessioni a noi pervenute in tanti loro testi.

Ancora, l’approfondimento delle due esperienze, di Francesco d’Assisi e di don Tonino, è nel terzo capitolo (pp. 89-122): l’atteggiamento di fronte alla sofferenza e alla morte, «tra mistero e benedizione», vale a dire la Pasqua vissuta e celebrata dai due, con la peculiarità loro propria, derivante dal tempo che li distanzia, ma con gli esiti sostanzialmente simili, l’introduzione nella «casa della Trinità» dove tutto è «Amore Assoluto». Nella sua omelia del 18 aprile 1993, brevissima, a due giorni dalla morte, don Tonino disse con l’apostolo Tommaso «Mio Signore e mio Dio, anch’io voglio vedere il Signore risorto ed essere fonte di speranza e di gioia per tutti. Mio Signore e mio Dio!».

Nel quarto capitolo intitolato «l’arcobaleno della fraternità» (pp. 123-172) si affrontano vari temi derivanti come riflesso delle relazioni divine: la condizione missionaria del cristiano, l’impegno civile e politico della città, il dialogo con i credenti di atre religioni, l’accoglienza delle «creature impersonali». E poi la gioia e la bellezza; e infine la condizione e il ruolo di Maria madre di Cristo e madre dell’umanità, «arcobaleno dell’umanità trasfigurata dalla pienezza della grazia di Dio».

C’è da auspicare che il lettore superficiale non si lasci prendere dall’epilogo, dove l’autore pone don Tonino tra frate Francesco e papa Francesco e sorvoli i tre capitoli centrali a questo studio impegnativo e valido.

All’inserto fotografico che evoca alcuni momenti della vicenda di don Tonino (pp. 185-200), seguono i testi francescani del vescovo molfettese degli anni 1986-1989 (pp.203-229) e due autografi (pp. 233-247). Chiude il volume la ricca bibliografia citata (pp. 349-360).  

Solo un francescano di solida e profonda cultura teologica ed un entusiasta conoscitore del santo di Assisi e del vescovo pugliese, poteva svolgere un’analisi come questa che ci è dato di ammirare. Non si tratta, infatti, di semplice e intelligente lettura dei testi, ma della «presentazione dell’anima» di due protagonisti cristiani e della comprensione dello spirito delle loro vicende. Infatti come dice il sottotitolo del volume, Francesco Neri presenta san Francesco nell’esperienza di don Tonino. C’è da ringraziarlo del notevole contributo allo studio della caratteristica “universale”, come quella francescana, della personalità di don Tonino e della sua spiritualità.

C’è infine da complimentarsi con Renato Brucoli che ha curato l’edizione del volume, continuando così a ravvivare l’eredità di don Tonino, suo e nostro amico, e a suscitare “il fascino” della sua esperienza, come scrive mons. GianCarlo Bregantini nella sua prefazione.

Salvatore Palese