
Omelia nella solennità della Madonna di Leuca
con la benedizione della pietra miliare del “Cammino del Bello”,
Santuario S. Maria de Finibus Terrae, 13 aprile 2023.
Cari fratelli e sorelle,
ho richiamato all’inizio della Messa i due motivi principali di questa celebrazione eucaristica. Innanzitutto lodare il Signore perché molti secoli fa è avvenuto un evento prodigioso sul promontorio di Leuca: un maremoto stava portando distruzione su questa terra. Per l’intercessione della Madonna il nostro territorio e la gente che vi abitava fu salva.
Mentre facciamo memoria di questa ricorrenza storica, ricordiamo anche alle tragedie continuano ad accadere, in altre forme, sotto i nostri occhi: i migranti, la povertà, le guerre. Guardiamo a Maria con fiducia, sapendo che lei, la nostra Madre celeste, non ci abbandona nel presente, come ha fatto in passato. Accanto a questo motivo mariano c’è l’altro non meno importante: l’inaugurazione della pietra miliare che conclude il cammino de “L’Anello del Bello”, tracciato in memoria del Venerabile don Tonino Bello.
Vorrei anche sottolineare che non solo cronologicamente, ma anche spiritualmente la festa del 13 aprile della Madonna di Leuca si colloca nel cuore del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù ed invita a rinsaldare la nostra fede nel mistero centrale della salvezza. Maria, infatti, è la personificazione della fede (cf. Lc 1,45), colei che ha vissuto «la più profonda “kenosi” della fede nella storia dell’umanità»[1].
Nella celebrazione liturgica, il tempo cronologico assume un valore kairologico, da tempo dell’uomo diventa tempo di Dio. E così si prolunga oltre il tempo, per sfociare nell’eternità. La Pasqua è l’oggi di Dio, l’unico giorno, il giorno “uno”. La sua celebrazione non si esaurisce nell’arco di un tempo determinato, ma è sempre presente e sempre attuale. In un certo senso, il tempo si ferma e tutta l’esistenza è avvolta dal mistero pasquale. I cinquanta giorni indicano non il tempo che passa, ma il tempo definitivo che rimane per sempre. Tutta la vita del cristiano è una grande festa pasquale!
In questo particolare contesto liturgico, la festa della Madona di Leuca acquista una grande valenza. Èla festa della fede di Maria, centrata sul mistero pasquale di Cristo e orientata alla sua consumazione escatologica. Ella è la madre, il modello e la personificazione della fede. L’enciclica di san Giovanni Paolo II, Rededentoris Mater, illustra il significato della fede di Maria e si fonda sulla Parola di Dio proclamata in questa liturgia.
Maria, come Abramo, raccoglie la fede di Israele
La prima lettura ha richiamato la figura di Abramo, il padre della fede. Tutta la sua vita ha origine dalla fede. La Madonna raccoglie e sintetizza la testimonianza abramitica e l’intera fede dell’Antico Testamento. Per questo la sua fede «può essere paragonata a quella di Abramo»[2]. L’evangelista Luca, infatti, narra la vicenda di Maria attraverso un fine parallelismo con la storia di Abramo.
In quanto figlia di Sion, Maria appartiene al popolo d’Israele e ne rappresenta la sua più eletta porzione. Come il grande Patriarca è il padre dei credenti, così Maria è la madre dei credenti. Ella si affida totalmente al Signore diventando la madre, il modello e la cifra della fede di tutti i credenti. La madre nel senso che ci genera la fede, il modello perché illustra il contenuto e indica il cammino da compiere, la cifra nel senso che rende visibile lo stile e le modalità concrete dell’esercizio della fede.
La fede è luce, ma include anche un elemento di oscurità. La relazione dell’essere umano con Dio non cancella la distanza tra il creatore e la creatura. Per questo l’apostolo Paolo, davanti alle profondità della sapienza di Dio, afferma: «Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!» (Rm 11,33). Chi – come Maria – giunge ad accettare il misterioso volere divino, sarà attraversato dalla parola che, come una spada, trafiggerà l’anima (cf. Lc 2,35).
Il cammino di fede di Abramo comprende il momento di gioia per il dono del figlio Isacco, ma anche il momento dell’oscurità, quando deve salire sul monte Moria per compiere un gesto paradossale: sacrificare il figlio. La piena fiducia di Abramo nel Dio fedele alle promesse non viene meno anche quando il comando divino è difficile da capire e quasi impossibile da accogliere. Così è per Maria. Ella vive la gioia dell’annunciazione, ma passa anche attraverso il buio della crocifissione del Figlio, per giungere fino alla luce della risurrezione. La fede è beatificante, ma è anche cammino difficile e oscuro.
Maria raccoglie la fede della Chiesa
Maria è l’anticipazione e la personificazione della fede della Chiesa. Sotto la croce, la Madonna è la credente per eccellenza. Accanto a Cristo morente non c’è nessuno, eccetto Giovanni e Maria. Solo la fede ha la capacità di penetrare il mistero della croce. San Giovanni Paolo II, nel documento già citato, afferma che Maria vive la kenosis della fede, mentre che raccoglie il dolore del figlio.
Tuttavia, sotto la croce, la Madonna anticipa la fede nella risurrezione di Gesù. Contemplando il mistero della morte, Maria è già proiettata verso il mistero della resurrezione. La sua fede kenotica, è anche una fede gloriosa, pronta a cantare l’alleluia e ad attendere la discesa dello Spirito Santo. In tal modo la sua fede pasquale si caratterizza come apostolica e missionaria. Ecco allora le tre caratteristiche della fede della Madonna: una fede kenotica, gloriosa e missionaria.
Questi tre atteggiamenti sono presenti fin dal mistero dell’annunciazione. Maria, infatti, rimane turbata dalle parole dell’angelo. È il timore che l’uomo prova quando viene toccato dalla vicinanza di Dio. Ella allora medita, riflette, si interroga sul significato di un tale saluto (cf. Lc 1,29). Il termine greco “dialogizeto”, richiama la radice della parola “dialogo”. Maria entra in intimo dialogo con la Parola di Dio che le è stata annunciata. Non la considera superficialmente, ma si sofferma ad assaporarla. Lascia che essa penetri nella sua mente e nel suo cuore per comprendere ciò che il Signore vuole da lei. E finalmente pronuncia il suo “sì”
Un medesimo atteggiamento ella vive al momento della nascita di Gesù. Il Vangelo di Luca afferma che Maria «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). In greco il termine è symballon significa “tenere insieme” gli avvenimenti che le stavano accadendo. Maria collocava ogni singolo elemento, ogni parola, ogni fatto all’interno dell’intera storia della salvezza. Confrontava, conservava, riconosceva che tutto proviene dalla volontà di Dio. Sa guardare in profondità, si lascia interpellare dagli eventi, li elabora, li discerne e acquisita quella comprensione che solo la fede può garantire.
Con umiltà profonda. la fede obbediente di Maria accoglie in sé anche ciò che non comprende dell’agire di Dio. Lascia che sia Dio ad aprirle la mente e il cuore. «Beata colei che ha creduto nell’adempimento della parola del Signore» (Lc 1,45), esclama la parente Elisabetta. Ed è proprio per questa fede che tutte le generazioni la chiameranno beata.
La fede è il motivo di fondo di questo cammino che chiamiamo “Anello del Bello”. Si tratta di un percorso a tappe per rileggere i testi don Tonino Bello e meditare sul suo esempio di vita. Imitiamo la fede di Maria e del Venerabile don Tonino Bello e impegniamoci a trasmetterla alle nuove generazioni!
[1] Giovanni Paolo II, Redemptoris mater, 18.
[2] Ivi, 14.