
Omelia nella Messa della festa patronale di S. Michele Arcangelo
piazza san Michele, Patù, 29 settembre 2022
Cari fratelli e sorelle,
la festa patronale è un momento significativo per ritrovarsi insieme, rinnovare il desiderio dell’unità e rinsaldare il senso di appartenenza. Abbiamo bisogno nel nostro tempo di rinverdire e di sostenere questa comunanza di vita. Stiamo attraversando momenti di difficoltà sotto diversi aspetti: la pandemia, le conseguenze della guerra, le difficoltà economiche e l’aumento della povertà. Come spesso diciamo, abbiamo bisogno di sentirci tutti nella stessa barca e di remare nella stessa direzione. La festa patronale viene per ricordarci questo principio che deve regolare la nostra vita.
Voi avete come patrono l’arcangelo san Michele, oltre a san Giovanni Battista che festeggiate nel periodo estivo. San Michele, come gli altri due arcangeli, Raffaele e Gabriele, ha una missione particolare. I Padri della Chiesa ci ricordano che i nomi degli angeli dipendono dalla missione che essi compiono nel mondo. Gabriele è l’angelo che porta i grandi annunci; Raffaele è sostegno nella malattia; Michele è il difensore del popolo di Dio.
La considerazione che vi propongo, può sembrare una cosa marginale, ma è secondo me significativa. Il paese più a nord della nostra Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca è Supersano, invece a Sud sono Patù e Castrignano. A Supersano si celebra san Michele, oltre alla Madonna di Coelimanna. Lo stesso patrono si venera a Patù e Castrignano. San Michele protegge l’intera comunità diocesana visto che è all’inizio e alla fine del territorio diocesano; una benefica presenza che dal nord a sud vigila e protegge il nostro popolo.
Questa considerazione diventa è ancora più significativa se consideriamo che, tracciando una linea che dall’Irlanda va fino in Terra Santa, incontriamo sette santuari perfettamente in linea tra di loro. Secondo la tradizione, la linea sacra di san Michel Arcangelo è in perfetto allineamento con il tramonto del sole nel giorno del solstizio di estate e indicherebbe il colpo di spada che il l’arcangelo Michele inflisse al diavolo per ricacciarlo all’inferno.
Il tracciato comincia in Irlanda, su un’isola deserta, dove l’arcangelo Michele sarebbe apparso a san Patrizio per aiutarlo a liberare il suo paese dal demonio. In quel luogo sorge il primo monastero: quello di Skellig Michael (“roccia di Michele”). La linea si dirige poi verso Sud e si ferma in Inghilterra a St. Michael’s Mount, un isolotto della Cornovaglia che, con la bassa marea, si unisce alla terraferma. Proprio qui San Michele avrebbe parlato a un gruppo di pescatori.
La linea sacra prosegue poi in Francia, su un’altra celebre isola, a Mont Saint-Michel. Secondo la tradizione in questo luogo, che già dal tempo dei Galli era intriso di forte misticismo, sarebbe avvenuta nel 709 l’apparizione dell’arcangelo Michele al vescovo Avranches, sant’Auberto intimandogli di costruire una Chiesa nella roccia. I lavori ben presto presero il via, ma fu con i monaci benedettini a partire dal 900 che l’Abbazia venne edificata. A ben 1000 chilometri di distanza, in Val di Susa, sorge il quarto santuario: la Sacra di san Michele. La linea retta unisce questo luogo sacro al resto dei monasteri dedicati a san Michele. La costruzione dell’abbazia inizia intorno all’anno mille e nel corso dei secoli si aggiungono nuove strutture ad opera dei monaci benedettini, soprattutto la foresteria in quanto si tratta di un luogo di passaggio per i pellegrini che affrontavano la via Francigena.
Spostandosi di altri 1000 chilometri in linea retta si arriva in Puglia, sul Gargano, dove una caverna inaccessibile è diventata un luogo sacro: il santuario dedicato a san Michele, dopo la prima apparizione a san Lorenzo Maiorano. Dall’Italia, la linea micaelica arriva al sesto santuario, in Grecia, sull’isola di Symi. Il monastero custodisce un’effigie dell’arcangelo alta tre metri, una delle più grandi esistenti nel mondo. La linea sacra termina in Israele, al monastero del Monte Carmelo ad Haifa. Questo luogo è venerato dall’antichità e la costruzione del santuario risale al XII secolo. Non è una cosa di poco conto o un fatto solo marginale se l’intero territorio dell’Europa, dell’Italia e della Puglia è sotto la protezione di san Michele. La stessa cosa vale per la nostra Diocesi dal momento che san Michele è venerato al nord e a sud.
Il nome Michele non indica non la sua identità, ma la sua missione perché richiama il mistero infinito e ineffabile di Dio. Un nome divino che dovremmo invocare come punto di riferimento della nostra vita. San Michele ci ricorda la trascendenza di Dio. il suo essere al di là di ogni nostra possibilità di comprensione. L’inconoscibilità e l’inaccessibilità non vuol dire distanza, ma una sorta di immanenza e di presenza che sorpassa ogni nostra possibilità di comprensione. Il mistero di Dio è vicino a noi, ma è ineffabile.
Le letture che sono state proclamate tratte del profeta Daniele e dell’Apocalisse parlano di un combattimento tra il bene e il male, una lotta escatologica che dall’inizio si protrae fino alla fine del mondo. Tutta la storia è attraversata dallo scontro pervasivo e misterioso tra le forze del bene e quelle del male. Questa lotta è anche dentro di noi. La lotta escatologica si esprime come lotta storica e si manifesta come combattimento che si svolge nel cuore dell’uomo.
Il Vangelo parla del campo dove c’è il grano e la zizzania. I discepoli vorrebbero estirpare il male, mentre il Signore chiede di attendere la fine dei tempi. Al nostro fianco nella lotta contro lo spirito del male c’è san Michele, il difensore per eccellenza. Affidiamo a lui e chiediamogli di proteggere la nostra comunità e il mondo intero. La lotta che continua nel tempo può essere vinta con l’aiuto e la protezione di san Michele.