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La Chiesa pellegrina nel tempo e gloriosa in cielo 

Omelia nella Messa della Commemorazione di tutti i defunti
Cimitero di Ugento, 2 novembre 2022

Cari fratelli e sorelle,
ieri ed oggi, abbiamo contemplato l’unità del mistero della Chiesa: la Chiesa pellegrina nel tempo e la Chiesa che ci ha preceduto nella gloria. Dobbiamo guardare in unità questo mistero, non per nulla la Chiesa ce lo presenta in due giorni cronologicamente vicini. La gloria dei santi illumina anche il mistero della morte. Sono due facce della stessa medaglia, due aspetti dell’unico mistero di Cristo, morto e risorto. La nostra vicinanza ai fratelli defunti è illuminata dalla fede nella risurrezione dai morti. Un velo li ha tolti al nostro sguardo, ma non dal nostro cuore. Se gli occhi fisici non possono più vedere i nostri fratelli, gli occhi del cuore sono più penetranti. L’amore supera ogni barriera e vede oltre l’oscurità della morte. La relazione con i nostri cari defunti non si è definitivamente spezzata, continua nel tempo anche al di là dell’esistenza. Rimane una consonanza, un’intimità, un rapporto che va oltre la morte. Siamo qui, nel luogo del loro riposo, per esprimere questo sentimento di amore e di affetto. 

In un certo senso possiamo dire che li sentiamo vivi nella nostra memoria, nell’amore, vivi nella certezza della fede. L’umano sentimento di pietà si unisce alla speranza fondata sulla fede. Celebriamo la Messa in loro suffragio per applicare a loro i meriti della redenzione di Cristo e per pregare insieme con loro. Quando una persona muore scompare alla vista, ma non viene annientata. Dobbiamo sempre ricordare la frase che è posta sul frontale della porta di questo come di altri cimiteri. In latino suona così: “vita mutatur non tollitur”. La vita non è tolta, ma trasformata. È la certezza della fede, non una sorta di illusione o una semplice consolazione. La verità è data dal mistero di Cristo che, secondo l’apostolo Paolo, «risorge come primizia di quelli che sono morti». Primizia significa che è il primo di una lunga serie che continua dopo di lui. 

Questo sentimento di vicinanza e di amore verso i nostri defunti ci invita a pensare alla nostra morte. Nella morte dei nostri fratelli, in un certo senso vediamo anticipata la nostra morte. Non è un pensiero lugubre. Nel nostro tempo si cerca di mettere la morte sotto silenzio, come se non esistesse. Tutta la tradizione spirituale cristiana, invece, invita a meditare sul mistero della morte. Dobbiamo pensarci non soltanto il due di novembre, ma spesso nella nostra vita. Pensare alla morte aiuta a capire il senso della vita. 

La nostra esistenza ha un termine. Nell’arco del tempo che scorre, dobbiamo imparare a «contare i nostri giorni per giungere alla sapienza del cuore» (Sal 90,12). Contare i giorni non in un senso quantitativo, ma nella prospettiva di valutarli nel loro valore più profondo. Che senso, infatti, ha stare in questo mondo? La risposta della Sacra Scrittura è molto semplice: viviamo per amare Dio e i fratelli. L’amore è il senso della vita. Per questo facciamo memoria dei defunti. 

La prima lettura ci ha presentato una bella immagine. Il profeta Isaia afferma: «Il Signore ha preparato sul monte un banchetto». Sul monte, Dio ha preparato una festa alla quale siamo tutti invitati. Morire è andare dal Signore, entrare nella stanza conviviale dove non c’è più posto per le lacrime e ogni sofferenza e dolore viene trasformato in gioia. Ieri, festa di tutti i santi, abbiamo contemplato la liturgia eterna che canta al Signore le sue lodi. 

Anche i nostri fratelli defunti fanno parte di quell’immenso coro che nessuno può contare. Sono nella gioia e nel gaudio eterno. Sono nel riposo eterno (in latino “requiem aeternam”). Non è uno stare fermi senza far niente, ma significa stare nella gioia. È il riposo dell’anima, oltre che quello del corpo. È trovare finalmente il senso compiuto di tutta la vita. La preghiera per i defunti, è una preghiera per i vivi. I nostri fratelli sono in cielo e ci invitano a raggiungerli e a stare con loro nel gaudio eterno. 

Ripetete queste riflessioni ai vostri figli. La cultura contemporanea oggi viaggia in un altro senso. Sottolinea soltanto il presente e azzera il richiamo alla vita eterna. Presenta l’esistenza solo come una realizzazione in questo mondo, dimenticando ogni prospettiva ultramondana. Aiutiamo i giovani ad allargare lo sguardo verso orizzonti più ampi per imparare a capire il senso della vita. Aiutiamoli a coltivare il pensiero della morte. Accompagnateli al cimitero. È un gesto semplice, ma molto significativo. Devono capire che la vita non è una discoteca. La vita vera è carità verso tutti coloro che sono nel bisogno ed è apertura all’al di là. Tutto termina. La carità rimane per sempre. Chiediamo al Signore di imparare questa lezione e di vivere con la luce che viene dalla risurrezione di Cristo. Ècertezza della nostra risurrezione. Ci è data come un “pegno”, una caparra, una sicura speranza che anche noi risorgeremo.