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Ispiratevi al metodo educativo di don Bosco, moderno educatore dei giovani

Omelia nella festa di San Giovanni Bosco
Parrocchia San Giovanni Bosco – Ugento, 31 gennaio 2022

Cari fratelli e sorelle,

in questa comunità parrocchiale celebrate la festa di san Giovanni Bosco con una particolare solennità e questo per tre motivi. Innanzitutto perché è un santo moderno. Pur essendo vissuto nell’Ottocento, san Giovanni Bosco supera il suo tempo perché incarna un impegno pastorale, l’educazione dei giovani, che non passa mai di moda, ma che è sempre attuale. Il suo metodo preventivo, nonostante il cambiamento dei parametri e dei nuovi orientamenti educativi, rimane sempre attuale. Egli è l’ispiratore e l’esempio luminoso di una attività pastorale che riguarda tutta la Chiesa. 

Il secondo motivo si riferisce alla vostra parrocchia e alla sua luminosa storia, fondata su un’idea originale particolarmente significativa e portata avanti da vescovi, sacerdoti e laici con entusiasmo e tenacia. Mi riferisco, in modo particolare, a mons. Ruotolo, mio venerato predecessore che ha voluto fortemente istituire questa parrocchia[1]; mons. Leopoldo De Giorgi, che è stato il primo parroco e che qui è sepolto, essendo diventata questa Chiesa e il territorio parrocchiale la sua casa, il luogo che egli ha amato e che ha significato per Ugento un punto di riferimento per tutta l’azione pastorale nei riguardi delle nuove generazioni[2]

A partire dal 1960, molti di voi, da piccoli e da giovani, hanno frequentato questo ambiente, chiamato originariamente “Casa del giovane” e poi l’Oratorio, denominazione usata ancora oggi, dopo diversi anni dall’istituzione della parrocchia. Insieme a mons. Ruotolo e a don Leopoldo, non va dimenticato don Tonino Bello. Pur essendo impegnato nel Seminario vescovile, con i seminaristi egli ebbe frequentissimi contatti con l’attività sportiva dell’Oratorio.

Per voi, dunque, celebrare questa festa significa non soltanto considerare la proposta educativa di san Giovanni Bosco, ma anche rinsaldare la memoria dell’origine della parrocchia.  Non dovete mai dimenticare la passione educativa di queste tre figure, veri apostoli dei giovani. Insieme a loro, bisogna richiamare anche P. Augusto, sacerdote Figlio dell’Amore Misericordioso e le suore della medesima Congregazione religiosa che si sono avvicendate nel corso degli anni e che hanno dato un contributo notevole allo sviluppo di questa comunità parrocchiale. 

Naturalmente vanno ricordati i parroci che si sono susseguiti. In particolare, voglio sottolineare l’azione che don Stefano Ancora sta conducendo in questi anni per dare nuovo splendore alle strutture e nuovo impulso all’attività pastorale. Sono sotto i vostri occhi i notevoli e importanti lavori che si stanno realizzano per ridare a questa struttura, sia per la parte liturgica, sia per quella più specificatamente oratoriana, una nuova dignità e una migliore fruibilità. Ringrazio don Stefano, la comunità delle suore e tutti voi per l’impegno a portare a termine questo gravoso compito. 

Il terzo aspetto riguarda la difficoltà del nostro tempo a educare le nuove generazioni. Non starò a ricordare tutti i problemi sollevati dalla pandemia: il tema della didattica a distanza, l’insorgere di complicazioni psicologiche, la difficoltà relazionale. L’educazione integrale dei giovani, tuttavia, rimane una priorità per il presente e per il futuro, in quanto è la condizione fondamentale per lo sviluppo della nostra società. 

In questo contesto, l’insegnamento di san Giovanni Bosco risulta quanto mai importante. Per lui, l’educazione non è frutto di una strategia, ma «è cosa del cuore». Prima di ogni altra cosa, bisogna amare i ragazzi così come sono e creare una sorta di empatia, un reciproco riconoscimento che tutto è orientato dall’amore. Dio stesso è il modello di questa relazione interpersonale. Bisogna imparare da lui l’arte educativa. È lui il grande educatore. Solo lui – afferma san Giovanni Bosco – conosce l’arte di aprire il cuore dei giovani. 

In fondo, si tratta di una relazione di paternità e di figliolanza. L’educatore deve essere “padre e madre”. Deve, cioè, circondare i giovani di affetto e saper indicare loro i limiti dell’esercizio della libertà e dell’autodeterminazione, offrendo motivazioni e ragioni che dirigano la loro condotta a compiere il bene, anche se è difficile da realizzare. 

D’altra parte, non basta amare i giovani, bisogna dimostrare il proprio amore. È necessario che essi se ne accorgano e percepiscano l’affetto dell’educatore, perché il rapporto diventi veramente una relazione di reciproca stima. Bisogna voler bene e saperlo dimostrare perché essi abbiamo la prova che tutta l‘azione educativa nasce dall’amore ed è fatta per amore. Occorre farsi amare anche quando bisogna dire dei “no”. Bisogna, infatti, insegnare loro ad accettare i limiti; compito difficile, ma assolutamente necessario per un vero esercizio della libertà. 

Infine, san Giovanni Bosco suggerisce che bisogna insegnare «il dovere del santo timore di Dio». Un giovane che si apre alla vita deve confrontarsi con il tema della fede e della presenza di Dio nella sua esistenza. Sul giornalino della vostra parrocchia, “Vita Nostra”, don Tonino scrisse un articolo intitolato: “Credi tu?’”. Un giovane di Ugento, residente all’estero, inviò un suo commento critico. Don Tonino rispose affermano che il tema di Dio è ineludibile dall’orizzonte umano. 

Ispiratevi, pertanto, all’esempio di san Giovanni Bosco per far memoria dell’origine di questa comunità parrocchiale e per esercitarvi nell’arte educativa, fondata su saldi principi e orientamenti che non passano di moda. 


[1] Cfr. S. Palese, (a cura di), Un vescovo meridionale tra primo e secondo Novecento Giuseppe Ruotolo (1937-1968), Congedo Editore, Galatina 1993, cfr. S. Palese- E. Morciano, (a cura di) Preti del Novecento del Mezzogiorno d’Italia, Congedo Editore, Galatina, 2013, pp.147-150.

[2] Cfr. E. Negro, La fede testarda di questo prete. La “storia” di don Leopoldo De Giorgi (1931-1999), Grafema, Taviano 2004; S. Palese- E. Morciano, (a cura di) Preti del Novecento del Mezzogiorno d’Italia, Congedo Editore, Galatina, 2013, pp. 178-179.