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«Il vecchio portava il bambino e il bambino sosteneva il vecchio»

Omelia nella Messa per la XXVII giornata mondale della vita consacrata
Parrocchia Ss. Apostoli, Taurisano, 2 febbraio 2023. 

Cari fratelli e sorelle, 

celebriamo la XXVII giornata mondale della vita consacrata sul tema «Sorelle e fratelli per la missione. Questa giornata rappresenta per voi un momento importante per rinnovare la vostra totale adesione a Cristo. Il mistero della presentazione di Gesù al tempio indica un paradigma per la vostra vita personale e comunitaria e per la vostra missione nella Chiesa e nel mondo. 

In cammino verso la Gerusalemme celeste

Il racconto lucano colloca la vicenda nella solenne liturgia che si svolge nel tempio di Gerusalemme. La città santa è il luogo fondamentale della rivelazione, il centro di attrazione di tutta la storia della salvezza. Il vangelo di Luca presenta la vita di Cristo come un lungo viaggio verso quel punto focale «perché non è possibile che un profeta muoia fuori da Gerusalemme» (Lc 13,33). 

Considerate Gerusalemme come la città simbolo verso la quale è diretta anche la vostra esistenza. È la città spirituale che scende dal cielo (cf. Ap 3,12 e 21,2), come sposa dell’Agnello (cf. Ap 21,9) in attesa del suo ritorno (cf. Ap 22,17). Ognuna di voi ha le sue costituzioni, le regole, il suo carisma. Tutte dovete vivere l’orientamento verso la Gerusalemme celeste. La vita consacrata ha una forte impronta escatologica. Guarda al futuro, è orientata verso la città santa. Siete chiamate tutte a percorrere il cammino di santità, seguendo l’Agnello dovunque egli vada. 

La citta che scende dal cielo è anche la sposa dell’Agnello. In quanto città, Gerusalemme è il luogo della storia e degli avvenimenti, in quanto sposa Gerusalemme richiama il rapporto nunziale con il Signore. La vita consacrata ha una forte caratterizzazione sponsale. Il salmista canta Gerusalemme come il luogo dove Dio ha deciso di abitare: «Il Signore ha scelto Sion, l’ha voluta per sua dimora: “Questo è il mio riposo per sempre; qui abiterò, perché l’ho desiderato”» (Sal 132, 13-14). Voi siete la sposa amata, la persona che il Signore vuole avere con sé. Gerusalemme, la città d’oro, è costruita sulla fedeltà dello Sposo e sull’invocazione d’amore della sposa.

Alla città santa del tre volte Santo si accede attraverso la fede, simboleggiata dalle 12 porte di perle. All’interno vi è il trono, la croce di Cristo, rievocazione dell’albero della vita le cui foglie guariscono da tutte le malattie e da ogni peccato. La vostra missione consiste nel fissare lo sguardo sul crocifisso, albero le cui foglie guariscono tutte le malattie, fonte da cui scende l’acqua che irrora la terra e rende salubre ogni cosa. La città d’oro, secondo la tradizione, ha tra le sue porte quella del paradiso. Il senso della vita consacrata non consiste nelle attività apostoliche, ma nell’indicare a tutti la città, la via e la porta per entrare in cielo. 

Festa del dono della vita 

Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio e lo offro al Signore (cf. Eb 9,12.14.28) attraverso le mani del sacerdote. Simeone lo prende tra le sue braccia come dono del Padre all’umanità. La vostra vita di consacrazione è un dono a Dio e all’umanità. La logica divina e umana del dono deve segnare la vostra esistenza. Considerate che da Dio avete ricevuto ogni cosa e a lui volete donare tutta la vostra persona. Vi aiuti il Signore a fare di ogni gesto, in ogni giorno, un atto consapevole di amore verso di lui per la realizzazione del suo progetto d’amore.

Il dono raccolto e ricevuto segna la purificazione del cuore. La purificazione della madre (cf. Lv 12,1-8), sottintende il compimento di un’altra purificazione, quella di cui ci parla anche il profeta Malachia (cf. Ml 3,1-4). Il Signore viene nel tempio della nostra vita per “purificarla” e farne il luogo dove poter vedere con i propri occhi la salvezza che Dio ha preparato per tutti i popoli (cf. Lc 2,30-31).

La presentazione di Gesù al tempio è chiamata dai nostri fratelli orientali “festa dell’incontro” fra Dio e il suo popolo. La salvezza si offre a noi nuda e fragile come un bambino. Abbracciando la forma fragile con cui Dio si mostra, possiamo accogliere Gesù come “segno di contraddizione” nella nostra vita. Dio viene ancora, nel tempio della nostra vita, fragile e piccolo. Se ci prendiamo cura di lui, possiamo sperimentare la salvezza. Questa non consiste nell’essere immuni da ogni situazione difficile o di prova, ma nello scoprire che Dio è lì presente in noi. Nella sua umana e divina maestà ha abbracciato la nostra fragilità.

Festa dell’attesa 

Simeone e Anna sono figure bibliche che sintetizzano l’attesa di Israele e dell’umanità. Luca presenta i due vegliardi in maniera dettaglia: Simeone, uomo giusto (come Giuseppe) e pio aspettava la consolazione di Israele (cf. Is 40,1; 51,12; 61,2). Su di lui lo Spirito si posa in modo permanente, come si era posato su Maria e come avverrà per gli apostoli a Pentecoste. Soprattutto come è avvenuto per Gesù (cf. Gv 1,32-33). Simeone, il cui nome deriva dal verbo ebraico “shm’”, che vuol dire “ascoltare”, vive il comandamento dell’ascolto della Parola (cf. Dt 6,4: “Shemà Israel, ascolta Israele”). Anche Anna è una donna abitata da un’attesa che dura tutta la vita; un’attesa intrisa di preghiera e digiuno. Essi sono il simbolo della vita, come desiderio, cammino e attesa. Infatti, «i beni più preziosi non devono essere cercati, ma attesi»[1].

Simeone vede in quel bambino la luce delle nazioni, che illumina ogni uomo. Così è la fede: con lo sguardo del cuore ogni cosa è illuminata. E Dio solo sa di quanta luce ha bisogno questo mondo! Portiamo luce perché siamo accesi, come le candele che oggi benediciamo. Così «il vecchio portava il bambino e il bambino sosteneva il vecchio», recita l’antifona dei vespri[2].

Festa dell’obbedienza

Il gesto compiuto da Maria e Giuseppe di portare Gesù al tempio è un gesto di obbedienza alla Legge. Essi sanno bene che quel bambino è ben più di un primogenito da consacrare. In questo modo, anche Gesù obbedisce alla Legge e si sottomette alle tradizioni degli uomini. Egli accetta la volontà di Dio di essere segno di contraddizione. Contraddice le nostre vie con le sue vie, i nostri pensieri con i suoi pensieri, la falsa immagine che nutriamo di Dio con il volto inedito di un Dio “abbà” dalle grandi braccia e dal cuore di luce. Contraddice di tutto ciò che si oppone all’amore.
Egli è qui per la risurrezione di tutti. Nessuno è dato per perduto, nessuno è finito per sempre. È sempre possibile ricominciare ed essere nuovi. 

La preghiera intensa di Simeone che finalmente vede l’atteso è bellissima: ora egli è sazio e soddisfatto. Ora ha capito. Ora tutto torna. Ora può diminuire ed eclissarsi. Sono sufficienti tre minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze. Solo tre minuti per dare luce ad una vita di attesa. Che il Signore vi conceda, nell’arco della vostra vita, almeno questi tre minuti di luce per dare senso a tutta la vostra esistenza. 


[1] S. Weil, Attesa di Dio, Riflessioni sull’utilità degli studi scolastici, al fine dell’amore di Dio, Rusconi, Milano, 1984, p. 76.

[2] Antifona al magnificat dei primi vespri della presentazione del Signore.