
Omelia nella IV domenica di Quaresima
Chiesa Natività, Tricase, 19 marzo 2023.
Cari fratelli e sorelle,
il Concilio invita a interpretare la storia guardandola con “occhi nuovi”. In fondo, si tratta di seguire la massima evangelica: «Vino nuovo in otri nuovi» (Lc 5,37). Occorre imparare a leggere il futuro che avanza, a scorgere nuovi orizzonti, a compiere un serio discernimento, andando oltre la superficie e l’immediatezza. La santità consiste nell’affinare ogni giorno il nostro sguardo modellandolo su quello di Cristo.
A tal proposito, Chesterton propone un’interessante osservazione: «Tutta l’iconografia cristiana rappresenta i santi con gli occhi aperti sul mondo, mentre l’iconografia buddhista rappresenta ogni essere con gli occhi chiusi». Anche il teologo tedesco Johann Baptist Metz, ha intitolato il suo saggio dedicato alla “spiritualità concreta e responsabile”, Mistica degli occhi aperti[1]. Egli ha inteso così spazzare ogni religiosità intimistica da occhi chiusi e ogni funambolismo misticheggiante.
Uno degli assi portanti del cristianesimo è l’incarnazione del Verbo, cioè l’incrocio tra il divino e l’umano. La trascendenza non è astrazione nel trascendentalismo, ma è riconoscere l’alterità salvifica di Dio che si presenta con un nome storico: Gesù di Nazaret. L’autentica “mistica degli occhi aperti” è una tensione certa e fondata, anche se l’incontro con l’assoluto avviene sempre per speculum et in aenigmate. In maniera simbolica William Blake, poeta e artista visionario, scriveva: «Ho cercato la mia anima e non l’ho trovata. Ho cercato Dio e non l’ho trovato. Ho cercato mio fratello e li ho trovati tutti e tre». Il volto umano è un’epifania di quello divino; la preghiera è un atto a suo modo sociale e concreto.
In questa prospettiva, don Tonino Bello scriveva: «A fare problema, più che le “nuove povertà”, sono gli “occhi nuovi” che ci mancano. Molte povertà sono “provocate” proprio da questa carestia di occhi nuovi che sappiano vedere […]. A stringere, ci accorgiamo che la colpa di tante nuove povertà sono questi occhi vecchi che ci portiamo addosso […]. Di qui, la necessità di implorare “occhi nuovi”. Se il Signore ci favorirà questo trapianto, il malinconico elenco delle povertà si decurterà all’improvviso, e ci accorgeremo che, a rimanere in lista d’attesa, saranno quasi solo le povertà di sempre»[2].
La pagina evangelica della guarigione del cieco nato si riferisce al battesimo come a un lavacro di illuminazione. Cristo, scrive sant’Agostino, è «via alla luce, alla verità, alla vita […]. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il collirio della fede. Prima, infatti, mescolò la sua saliva con la terra, per ungere colui che era nato cieco. Anche noi siamo nati ciechi da Adamo e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui»[3].
Il racconto evangelico contiene un duplice insegnamento: c’è il cammino dalla cecità alla luce, che è possibile compiere con la grazia di Gesù; ma c’è anche il cammino dalla luce alla cecità, che potremmo compiere per la nostra negligenza e malvagità. Si tratta di un cammino la cui prima tappa si chiama obbedienza. Si parte da un atto di fiducia verso Cristo. Questo atto di fede e di obbedienza, è il punto di partenza. La seconda tappa si chiama onestà, sincerità. Il cieco, infatti, fa un atto di grande coraggio e proclama: «Per me, Cristo è un profeta». La terza tappa vince la paura del giudizio altrui. Il cieco ha il coraggio di sopportare qualche forma di persecuzione per la sua fede. La quarta tappa è la proclamazione vera e profonda della fede: «Io credo, Signore!». Colui che era cieco giunge alla pienezza della luce passando per quattro momenti: aver fiducia in un altro; essere onesto, coerente; non temere il giudizio negativo della gente, ma agire secondo le proprie convinzioni; infine professare la fede in lui. Il cieco nato diventato così araldo della grazia. La sua fede opera «mediante l’amore; e se ora operiamo, ecco il giorno, ecco il Cristo». Giorno che divide la luce dalle tenebre e si «estende fino alla consumazione dei secoli»[4].
Il “Cammino del Bello” è una proposta turistico-religiosa per rafforzare il personale cammino di fede e rendere bella la nostra vita cristiana portando a maturazione gli impegni del battesimo.
[1] J. B. Metz, Mistica degli occhi aperti. Per una spiritualità concreta e responsabile, tr. it. a cura di G. Poletti, Queriniana, Brescia 2013.
[2] Id., Occhi nuovi, in Scritti 2, pp. 396-397.
[3]Agostino, Commento sul Vangelo di Giovanni, 34, 8-9.
[4] Agostino, Commento sul Vangelo di Giovanni, 44, 6.