
I GRAFFITI LATINI DI SAN NICOLA DI CELSORIZZO AD ACQUARICA DEL CAPO
E LA RIAPERTURA DELLA CHIESA NEL CINQUECENTO
di André Jacob
La chiesa di San Nicola, fatta edificare dal signore di Ugento Giovanni per i suoi sudditi ellenofoni di Celsorizzo, va senz’altro annoverata tra i più insigni monumenti bizantini di Terra d’Otranto per il suo notevole ciclo di affreschi, uno dei pochi, con la cripta di San Biagio nell’agro di San Vito dei Normanni, ad essere datato con precisione (aprile 1283).
Nel saggio di Michel Berger e di chi scrive, dopo l’edizione dell’iscrizione dedicatoria e l’analisi dei dati storici ivi contenuti, è stata fatta un’esauriente descrizione delle pitture visibili all’epoca, accompagnata da un’approfondita interpretazione non soltanto storico-artistica, ma anche liturgica e teologica delle medesime1. Il lavoro è stato completato da M. Berger per quanto riguarda gli affreschi venuti alla luce durante i restauri, in particolare quelli dell’abside2.
In una breve nota vorrei ora soffermarmi su un numero non indifferente di graffiti latini che ci ragguagliano sulla riapertura del santuario nel Cinquecento e sul suo passaggio al rito latino. Prima di procurarne l’edizione e di commentarli sommariamente, però, non è forse superfluo tornare per qualche istante sulla dedica della chiesa e proporre inoltre un’ipotesi sulla data di costruzione della torre di difesa, che ne determinò la chiusura.
Per facilitare la lettura dell’iscrizione di fondazione, è stata preferita una trascrizione in minuscola al posto dell’originale in onciale:
Anno ab i(n)carnatio(n)e : D(omi)ni [millesimo] duce[n]tes(imo) octa[gesimo tercio
indictione] und(e)ci(m)a : regna[nte illus]striss(im)o d(omi)no nostro Kar[o]lo [Iherusalem et
1 M. BERGER – A. JACOB, Un nouveau monument byzantin de Terre d’Otrante: la chapelle Saint-Nicolas de Celsorizzo, près d’Acquarica del Capo, et ses fresques (an. 1283), «Rivista di studi bizantini
e neoellenici», n. s., 27 (1990), pp. 211-257.
2 M. BERGER, Les fresques du chevet de la chapelle Saint-Nicolas de Celsorizzo (an. 1283): une image de la vision théophanique et l’illustration de la Divine Liturgie, in Puer Apuliae. Mélanges offerts
à Jean-Marie Martin, édités par E. CUOZZO, V. DÉROCHE, A. PETERS-CUSTOT et V. PRIGENT, Paris2008, pp. 39-50.
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Sicilie] rege : d[.. mens.. apr]ilis Ioh(anne)s d(e) Oge(n)to casalis Cicivici d(omi)n(u)s [u]na
cu(m) dom[i]n[.] [….]ie : s[……] ductus p(ro) re(m)itio(n)[e] et beneficatio(n)e a(n)i(m)e sue [et]
par[ent]u(m) suor(um) [ba]silica[m istam const]rui (et) pi(n)gi fecit [a]d ho(no)re(m) Dei (et) beati Nicolai ep(iscop)i.
Seguono le ”firme” dei due pittori in greco.
«Nell’anno dell’incarnazione del Signore 128[3, indizione] undecima, durante il regno
dell’illustrissimo signore nostro Carlo, re [di Gerusalemme e di Sicilia], il g[iorno .. del mese di
apr]ile, Giovanni di Ugento, signore di Cicivizzo, assieme a donn[a? ……], mosso [da ….], per la
remissione e il beneficio dell’anima sua e dei suoi parenti, fece costruire e dipingere questa chiesa in onore di Dio e di san Nicola vescovo. Essa è stata dipinta da N[…….] Melitinos e da Nicola [……..]».
Committenza latina, dedica latina. A prima vista, l’equazione non fa una piega, ma non è poi tanto evidente dal momento che essa rimane l’unica eccezione fra le iscrizioni dedicatorie di santuari bizantini nel Salento, di cui ben cinque – bisogna sottolinearlo –, oltre a Celsorizzo, sono riferibili al periodo angioino (S. Giovanni Battista a Lecce, 1304/13053; chiesa della Theotokos a Cavallino4, 1309/1310; cripta di S. Michele, presso Copertino, 1314/13155; chiesa non localizzata di Tutti i Santi, 1321/226; S. Giovanni Evangelista a Sternatia, 13297). Si noti altresì che la cripta dell’Arcangelo nell’agro di Copertino, dipinta da Nicola di Soleto e da suo figlio, seppur commissionata da un cavaliere francese, tale Souré8, reca una dedica in lingua
3 D. R. REINSCH, Einige Verse aus dem Kreis des Drosos aus Aradeo (Salento) im Parisinus gr. 2062, in Alethes philia. Studi in onore di Giancarlo Prato, a cura di M. D’AGOSTINO e P. DEGNI,
4 A. JACOB, Inscriptions byzantines datées de la province de Lecce (Carpignano, Cavallino, San Cesario), «Rendiconti della Classe di scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademianazionale dei Lincei», s. VIII, 37 (1982), pp. 52-53.
5 IDEM, Une dédicace de sanctuaire inédite à la masseria Li Monaci, près de Copertino en Terre d’Otrante, «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge – Temps modernes», 94 (1982),pp. 703-710; L’iscrizione dedicatoria della cripta di S. Michele Arcangelo alla masseria Li Monaci presso Copertino, in Terra d’Otranto, in Copertino. Storia e cultura, a cura di M. GRECO, Lecce 2013, pp. 53-
56 (trad. ital. con qualche aggiornamento).
6 REINSCH, Einige Verse aus dem Kreis des Drosos cit., p. 584.
7 JACOB, Inscriptions byzantines datées cit., pp. 55-58.
8 Forse appartenente alla famiglia de Sur, di cui alcuni membri sono attestati a Cipro e a Rodi nel Trecento: cfr IDEM, L’iscrizione dedicatoria cit., p. 55.
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greca.
A parte il legittimo desiderio di Giovanni d’Ugento di poter leggere il proprio nome in una lingua che conosceva, avrà forse pesato di più l’intento del committente di mettere in risalto agli occhi dei milieux angioni la figura e il potere del suo sovrano, anche se Carlo I non godeva certo di buona fama fra i greci del Salento meridionale per la feroce repressione esercitata nei confronti dei ribelli gallipolini nel 1269 e lo spostamento della loro sede vescovile ad Alezio9. Messi da parte questi aspetti politici dell’uso della lingua, resta comunque estremamente positivo il fatto che un signore angioino di un certo rango si sia adoperato, non senza notevole dispendio di risorse, per consentire ad una comunità di fedeli di rito bizantino di partecipare alle celebrazioni liturgiche in una chiesa nuova e riccamente decorata.
Va da sé che la costruzione su di essa della possente torre di difesa vi decretò la fine di qualsiasi forma di culto. In assenza di documentazione storica e di studi svolti da specialisti di archittettura militare medievale, sarebbe senz’altro temerario avventurarsi in fragili ipotesi sull’epoca in cui fu innalzato il torrione quadrato. Pur fra mille esitazioni e senza sottovalutare il rischio di essere smentito subito, vorrei tuttavia accennare al periodo delle lotte fra angioini di Napoli e angioini d’Ungheria10, che ebbero anche ripercussioni nella Terra d’Otranto meridionale, come ne testimonia un’annotazione del codice S. Marci 692 della Biblioteca Laurenziana, in cui si menziona una battaglia contro bande ungheresi, avvenuta il 21 maggio 1352 nei pressi di Copertino11. Si noti anche che poco più tardi, nel 1354/55, si procedette all’edificazione della cinta muraria di Galatina12.
9 Fra l’abbondante bibliografia si veda, per esempio, A. ACCONCIA LONGO, L’assedio e la distruzione di Gallipoli, «Archivio storico italiano», 146 (1988), pp. 3-22; A. JACOB, Gallipoli bizantina, in Paesi e figure del vecchio Salento, III, cura di A.DE BERNART, Galatina 1989(Documentari. Luoghi, documenti e artisti di Puglia, 11), pp. 288-291.
10Si veda in proposito É. G. LÉONARD, Les Angevins de Naples, Paris 1954, pp. 376-378.
11 E. ROSTAGNO – N. FESTA, Indice dei codici greci Laurenziani non compresi nel catalogo del
Bandini, «Studi italiani di filologia classica», 1 (1893), p. 192; O. PARLANGÈLI, La predica salentina in caratteri greci, in IDEM, Storia linguistica e storia politica nell’Italia meridionale, Firenze 1960(Biblioteca letteraria. Pubblicazioni a cura dell’Istituto di filologia moderna dell’Università di Pisa, 4), pp. 145-146; JACOB, Une dédicace de sanctuaire cit., p. 709 e nota 28 = IDEM, L’iscrizione dedicatoria cit., p. 55 (si legga «1352» al posto del refuso «1342») e nota 33.
12 B. PAPADIA, Memorie storiche della città di Galatina nella Japigia, Napoli 1792, App. I, p. 5 nota 1, e pp. 67-68 (= CIG, n° 8770).
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Dopo più di due secoli di assoluto silenzio13 ecco che alcuni graffiti latini ci procurano nuove informazioni sulla storia della chiesa di S. Nicola e ci ragguagliano sulla sua riapertura nel Cinquecento, nonché sul suo passaggio al culto latino. Essi furono già segnalati nel 197014, ma soltanto una ventina d’anni più tardi lo storico locale Salvatore Marino ne pubblicò due in un bel volume riccamente illustrato15. I graffiti sono incisi a destra e a sinistra dell’abside o, comunque, sulle pareti ad essa vicine.
Sul muro meridionale (a destra dell’attuale ingresso) si leggono dall’alto in basso i seguenti graffiti (fig. 1):
(1) Step[ha]n[us]
(2) Ioh(anne)s
(3) Ego Claudius Lubellus hora III subscripsi a di 15 8(bre) 1535
(4) Ego Claudius Lubellus hora III subscripsi a di ….. 153[.]
Sul lato destro dell’abside:
(5) Ego Camillus Lubellus die xviij dec(emb)ris 1558
Sulla parete sinistra dell’abside è stata incisa con estrema cura questa lunga iscrizione (fig. 2):
(6) Iste locus sanctus est i(n) quo
orat sacerdos
Scripsit hoc do(m)nus
Franc(iscu)s Monictula d(e) Mor(cia)no
die 7 ianuarii 1536
13 Durante questo lungo lasso di tempo i fedeli di rito bizantino ebbero certamente la
possibilità di frequentare l’altra chiesa greca di Celsorizzo, quella a due absidi di Santa Maria dei Panetti; su di essa si veda A. JACOB, Deux réfections de murs d’églises salentines (Acquarica del Capo et Sanarica), «La parola del passato», 66 (2011), p. 147-151; L. SAFRAN, Scoperte salentine,«Archeologia medievale», n. s., 7 (2008) [2010], p. 72-73.
14 S. PALESE, L’origine della parrocchia di S. Carlo Borromeo e la cronologia dei suoi parrocci, in Acquarica del Capo 1970. Raccolta di studi e ricerche …, Galatina 1970, p. 7.
15 S. MARINO, Celsorizzo in Acquarica del Capo, Taviano 1999, p. 80: si tratta di quelli di Francesco Monittula (lettura esatta seppur incompleta) e di Claudio Lubello (trascrizione non del tutto corretta).
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anno . p(rim)o . q(u)o ap(er)ctu(m) fuit hoc
sacellu(m)
——————
1-2 officium in dedicatione ecclesiae; cfr quoque Gn 28,16-17; Ios 1,16; Ier 17,12, ecc.
6 ap(er)ctu(m) sic
Sulla parete sinistra della navata si rilevano altri tre graffiti (fig. 3):
(7) fr(a)t(er) Francisc(us) | de Ydronto fecit | hoc opus
(8) [Eg]o Aniballus Alex(anensis?) | 1595
(9) [………………………………………..] | [……..] cu(m) dono Vi(n)cent(io) | [……..] 4 ap(ri)lis 1542
Dal graffito del 15 ottobre 1535 (n. 3) si evince senz’ombra di dubbio che il primo a (ri)entrare nella chiesa fu il nobile Claudio Lubello16, detentore del feudo di Celsorizzo, che vendette nel 1545 a Fabrizio Guarini17, al quale si deve la costruzione, a poca distanza dal santuario, dell’imponente colombaia datata 1550.18
Di Francesco Monittula si può ragionevolmente pensare che era sacerdote. Si noti fra l’altro che il titolo «donus» – manca qualsiasi trattino abbreviativo19 –, in questo caso, può soltanto designare un ecclesiastico («don» in italiano)20. D’altronde, la citazione letterale tratta dall’ufficiatura della dedicazione di una chiesa («Iste locus sanctus est in quo orat sacerdos») denota una conoscenza dei testi liturgici difficilmente riscontrabile in un semplice fedele. Non vi è dubbio che Francesco Monittula (Munittola)21 appartenesse alla famiglia ben nota di Morciano, località ubicata a pochi km dal capo di Leuca22 sulla strada che porta ad Acquarica e Gallipoli, città in cui venne a stabilirsi il medico Orazio Munittola e dove esiste tuttora un
16 Sulla famiglia Lubello, si veda A. FOSCARINI, Armerista e notiziario delle famiglie nobili, notabili e feudatarie di Terra d’Otranto, Lecce 1903, pp. 183-185.
17Per i Guarini, cfr ibid., pp. 167-169.
18 Edizione dell’iscrizione dedicatoria in BERGER – JACOB, Un nouveau monument cit., p. 212,
nota 3.
19Come si sa, la forma abbreviata di dominus è d(omi)n(u)s.
20 È escluso dal contesto che si possa riferire a qualche nobile o personaggio di un certo livello sociale; peraltro né Claudio né Camillo Lubello si fregiano di tale appellativo.
21 Sull’antroponimo, cfr G. ROHLFS, Dizionario storico dei cognomi salentini (Terra d’Otranto), Galatina 1982, pp. 155 (Monittola) e 158 (Munittola).
22Faceva già parte allora della diocesi di Ugento.
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palazzo Munittola, edificato all’inizio del XVII secolo23.
Non si sa bene a quale opus faccia riferimento il frate Francesco da Otranto (n. 7); è verosimile che si tratti semplicemente di un certo modo di firmare senza contenuto reale. Dal punto di vista dell’onomastica, non sorprende certo la presenza del nome Vincenzo (n. 9: anche lui ecclesiastico), santo patrono della vicina cattedrale dl Ugento e raffigurato nella stessa chiesa di Celsorizzo, e tantomeno quella di Francesco (nn. 6 e 7), data la notevole espansione dell’ordine francescano nel Salento meridionale. Si riallacciano, invece, alla moda rinascimentale di riesumare l’onomastica antica i nomi Claudio, Camillo e Annibale (nn. 3, 4,5 , 8).
Sarebbe stato interessante sapere se la riapertura al culto della chiesa di S. Nicola a Celsorizzo, enfatizzata dall’iscrizione di Francesco Monittula, prevedesse soltanto pratiche devozionali o comportasse anche la celebrazione dell’eucarestia secondo il rito romano. L’assenza di fonti al riguardo non consente purtroppo di dare una risposta inequivocabile a tale domanda. Sembrerebbe favorire la seconda ipotesi il ricorso, negli anni ‘30 del Cinquecento al termine «sacellum» («santuario», «oratorio», «cappella») che suona piuttosto riduttivo rispetto a parole quali «ecclesia» o «templum» (la dedica del 1283 adopera il termine «basilica», che era allora puro sinonimo di «ecclesia»).
Il caso di Celsorizzo illustra in maniera assai tangibile la decadenza e la progressiva scomparsa del rito bizantino nella Terra d’Otranto meridionale, ma non ci deve far dimenticare che c’erano ancora nel primo Cinquecento; gruppi sparsi di ellenofoni nelle diocesi di Ugento e Alessano, come si evince da quanto annotò Leandro Alberti durante la sua visita ai conventi domenicani della regione nel 1525:
«Pigliando il uiaggio da Monte Sardo et caminando due miglia si scorge Gagliano et dopo sette per la uia che se passa ad Usento, si ueggiono molte Ville, et Contrade habitate da Greci, chi osseruano i costumi et Cerimonie Greche, insieme co’l fauelare, et ne’l uestire, et negli uffici diuini, auenga che anche parlano italiano. Mi ricordo che quindi passando de’l mese di Nouembre, intesi da loro, che celebrauano la festa di .s. Philippo Apostolo, la qual celebra la Chiesa Romana, il primo giorno di Maggio. Credo che detti Greci siano usciti da quelli Greci ch’erano quiui posti per guardia et presidio di questi paesi ne tempi che gli Imperadori di Costantinopoli teneuano la signoria di essi»24.
D’altronde, non vi è da stupirsi troppo di questa sopravvivenza di elementi greci nel
23 E. PINDINELLI, Architettura civile in Gallipoli tra nobiltà e borghesia, in Paesi e figure del vecchio Salento, III cit., p. 259.
24L. ALBERTI, Descrittione di tutta Italia, Bologna 1550, f. 213r.
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territorio se verso la metà del XII secolo Giovanni, il primo vescovo ugentino di cui si conosca il nome, doveva usare sia il latino che il greco in una lettera pastorale rivolta al clero e ai fedeli della sua diocesi25, indizio inequivocabile questo della notevole densità di adepti del rito bizantino nella diocesi medesima.
* Le fotografie sono di Mons. Louis Duval-Arnould.
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- Cfr A. JACOB, Le culte de saint Vincent de Saragosse dans la Terre d’Otrante byzantine et le sermon inédit du Vaticanus Barber. gr. 456 (BHG 1867e), dans Philomathestatos. Studies in Greek Patristic and Byzantine Texts Presented to Jacques Noret for his Sixtyfifth Birthday, Leuven 2004(Orientalia Lovaniensia analecta, 137), pp. 288-289.
fotografie di Mons. Louis Duval-Arnould.

