
Il primo novembre 2019 è stata riaperta al culto la chiesa del convento dei cappuccini di Alessano dopo i lunghi venti mesi di chiusura per realizzare il restauro della macchina d’altare e altri interventi di ricupero di tutte le tele e dello stesso immobile.
Fondazione del convento di Alessano
È un convento antico di quasi 400 anni. La presenza di frati cappuccini ad Alessano è ancora più remota. Alcuni documenti la fanno risalire al 1624, quando esisteva presumibilmente un ospizio o un primo insediamento[1].
Ma la prima pietra del convento fu posta dalle mani del vescovo di Alessano, Nicolò Antonio Spinelli, che ne volle la costruzione, il 29 agosto del 1628, secondo una testimonianza conservata nell’archivio parrocchiale di Alessano, che qui viene trascritta:
«Sia il nome del Signore benedetto nei secoli. Amen.
Oggi 29 del mese di agosto dell’anno 1628 in questa città di Alessano è stata messa la prima pietra del Monastero dei Frati Minori di San Francesco, chiamati Cappuccini, intitolato a S. Giuseppe, Sposo di Maria Madre di Dio, per mano dell’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Nicol’Antonio Spinelli, per grazia di Dio vescovo di detta città alla presenza di numerosissima gente, sia uomini che donne. Sotto il pontificato del Sommo Pontefice il papa Urbano VIII, essendo Imperatore dei Romani Fernando e Re delle Spagne Filippo IV, Signore di questa città don Fabrizio Guarini, Generale dei Cappuccini il molto Rev.do Padre Giovanni Maria da Noto e Provinciale di questa Provincia d’Otranto il Rev.do Padre fra Giacomo da Castellaneta.
Così è. Io Massenzio Gallo, Canonico di Alessano e Notaio Apostolico»[2].
Con questa testimonianza concorda Filippo Bernardi (per quanto riguarda la data di fondazione ma non per quanto riguarda il titolare della chiesa) che, trascrivendo “le memorie manuscritte della Provincia d’Otranto” dice che il vescovo di Alessano Nicolò Antonio Spinelli:
«… in esecuzione della promessa (alla Madonna e a S. Francesco) scrisse al padre Giovanni Maria da Noto generale dei cappuccini ed al padre Giacomo da Castellaneta Provinciale d’Otranto per il consenso, quale ottenuto e, stabilito il fondo, il medesimo vescovo vi si portò processionalmente a’ 29 d’agosto 1628 e con le proprie mani vi collocò la prima pietra presente un’infinità di popolo. La sua situazione è un quarto di miglio fuori della città e porta il titolo di Santa Maria de gli Angeli»[3].
«Il convento dei frati minori cappuccini della città di Alessano, della provincia di Otranto, situato fuora della città un quarto di miglio circa, in una strada pubblica, fu fondato col consenso e la richiesta dell’ill.mo e rev.mo Nicolò Antonio Spinelli, quale vi piantò la prima pietra a’ 19 d’agosto 1629 (si noti la differenza tra 19 e 29 di agosto dello stesso anno) col titolo di S. Maria degli Angioli (e non a S. Giuseppe) col concorso di tutto il popolo della città e castella circonvicine. La chiesa e parte delli horto et officine stan fondate in un terreno che era de’ frati minori conventuali con licenza e dispensa della Santa Sede Apostolica. Un’altra parte dell’horto fu e era della mensa vescovale di questa città (…). Noi infrascritti, col mezzo del nostro giuramento, attestiamo haver fatta diligente inquisizione e ricognizione dello stato del sudetto luogo (…). In fede abbiamo sottoscritta la presente (…). Data in Alessano, le 17 di febraro 1650»[4].
Anche il Bernardi testimonia che «la Chiesa e parte dell’orto sono fondati in certo terreno che era de’ Padri Conventuali con licenza della Santa Sede. Un’altra parte dell’orto, che era della mensa Vescovale d’Alessano, ci fu dato pure con facoltà pontificia»[5].
Per quanto riguarda il terreno su cui fu costruito il convento di Alessano più autorevoli sono i Brevi apostolici conservati nell’Archivio Vaticano[6] in cui si dice che il primo lotto, di proprietà della mensa vescovile, fu comprato dai frati per 25 scudi (viene esclusa la donazione da parte dei frati conventuali) e il secondo fu realizzato con permuta di terreni tra i frati e la mensa vescovile, nella contrada “le palombare”, sempre previa autorizzazione del papa Urbano VIII, del 24 marzo 1629.
Per quanto riguarda infine la data di fondazione del convento di Alessano, padre Salvatore da Valenzano nella sua opera[7], scrive che l’abbate Andrea Meli, incaricato del vescovo, di concerto col provinciale cappuccino P. Giacomo da Castellaneta e col conte Fabrizio Guarini, decise che la prima pietra doveva essere posta il 29 agosto 1627 (anziché il 1628).
P. Salvatore da Valenzano scrive:
«Era vescovo della cittadina di Alessano, sede della diocesi, che si estendeva per tutto il capo di S. Maria di Leuca (…) Nicolò Antonio Spinelli dei duchi di Acquara, consacrato vescovo da Paolo V, il 16 luglio 1612 (…). Quando i turchi nel 1624 invasero la sua diocesi invitò i signori a resistere agli assalti del nemico. Non pochi furono gli atti di eroismo. Se tanta forza non gli venne meno in tanti pericoli, non poté poi resistere al saccheggio e agli incendi del santuario di S. Maria di Leuca. Ebbe un tal colpo, che una malattia, che soffriva s’aggravò in modo, che lo tenne a letto tre anni. Nel corso di questa malattia, quando pareva che volgesse in meglio, giacché s’era al terzo anno, come egli raccontò, ebbe in sogno una visione, apparendogli la Vergine con S. Francesco d’Assisi, che gli ordinarono di costruire un convento ai Cappuccini. L’ordine e l’esecuzione fu tutt’uno (…). Il vescovo (il giorno della posa della prima pietra) si sentì in grado di prendere parte alla funzione che fu compiuta con grande folla di popolo plaudente; e ritenne poi una grazia della Vergine e di S. Francesco la sua perfetta guarigione»[8].
«È degna d’esser registrata la fondazione di questo nostro convento d’Alessano perché seguì con modo prodigioso e per impulso divino, come ci recano le memorie manuscritte della Provincia d’Otranto. Dicono dunque che l’anno 1627, essendo Monsignor Nicolò Antonio Spinelli vescovo d’Alessano travagliato da pericolosa infermità, non trovava altro rimedio tra l’arsura delle febbri che raccomandandosi alla Regina del cielo. E mentre giaceva così oppresso trangosciato d’affanni, prese un’aria di sonno e subito gli apparve in sogno la Madre di Dio col S. P. Francesco da’ quali venne accertato che guarirebbe se dava opera d’introdurre i cappuccini in Alessano con fabbricar loro un convento. Promise il buon vescovo a questi suoi protettori quanto gli comandavano ed eccolo libero da ogni malore»[9].
Costruzione della chiesa annessa al convento
Scarseggiano del tutto notizie e documenti circa la costruzione della chiesa. Il primo documento è la richiesta del 1631 di donna Laura d’Aiello al papa per ottenere il permesso di completare e decorare “con ogni magnificenza” la cappella della chiesa dei cappuccini, che era in costruzione:
«Santo Padre,
Donna Laura d’Aiello, moglie di don Fabrizio Guarini, signore e patrono della città di Alessano, avendo fatto voto di ampliare una cappella sita in un campo lontano dalla città un miglio circa, supplica umilissimamente che la Santità vostra si degni di commutare in altra opera di maggiore utilità, cioè di perfezionare la cappella nella chiesa dei Cappuccini, che di fatti è costruita e terminarla con ogni magnificenza, avendo bisogno grandemente detti padri di questo aiuto.
Reverendo cardinale Ubaldino
Franc. Paulut. Segret.»[10].
La chiesa per qualche tempo fu dedicata a S. Giuseppe Patriarca, ne fa fede l’ovale raffigurante san Giuseppe e Gesù Bambino posto sulla sommità della pala, e poi, in data non documentata, fu dedicata a S. Maria degli Angeli, forse in concomitanza col dono, da parte della famiglia Guarino, della grande tela del Perdono d’Assisi o della Porziuncola o di S. Maria degli Angeli.
La chiesa e il convento furono chiusi con le leggi della soppressione degli ordini religiosi del 1809, ma dopo il concordato del 1818 la chiesa fu riaperta al culto e i frati potettero ritornare in convento fino all’incameramento dei beni ecclesiastici operato dal regno italico con la soppressione del 1861[11]. Nel 1866 il convento fu adibito a svariati usi sociali: lo stabile divenne carcere e l’orto in parte fu adibito a cimitero fino agli anni ’70 del 1900[12].
Il ritorno dei cappuccini ad Alessano viene raccontato così dalla cronaca conventuale:
«Nel 1928, venuto a predicare ad Alessano padre Giulio Gadaleta da Molfetta, resosi bene accetto dalla popolazione, lanciò subito l’idea del riacquisto del convento, accolta prontamente e con vivo entusiasmo dalla popolazione, rimasta col solo parroco. Ne parlò al padre provinciale M. Rev. Zaccaria da Triggiano, dal quale ebbe l’incarico di iniziare le trattative, le quali durarono quasi un anno e cioè fino al 5 settembre 1929, data in cui fu stipulato il contratto, dopo aver superato difficoltà di vario genere. Intanto i lavori, cominciati fin da gennaio, si avviarono al loro compimento con ritmo accelerato; così che, dopo pochi giorni della firma del contratto, e cioè il 4 ottobre 1929, solennità del Serafico Padre S. Francesco, si poté procedere alla inaugurazione tra la gioia e consenso unanime di simpatia manifestati da ogni ceto di persone (…). L’intera popolazione cooperò con generosità e slancio commoventi. Chi offrì denaro, chi s’impegnò a fornire le porte, chi le finestre ecc., chi prestò gratuitamente giornate di lavoro, chi preparò e raccolse biancheria ed altro occorrente; insomma si notò una gara veramente meravigliosa superiore ad ogni elogio»[13].
Il restauro della chiesa e del convento
Una volta in convento, i frati lo trasformarono in un cantiere senza fine. I lavori di ristrutturazione del convento e della chiesa hanno una forte accelerazione dal 28 agosto del 1938 quando viene inviato ad Alessano come guardiano p. Pio Lagioia da Triggiano «per effettuare la costruzione del nuovo braccio del convento destinato al noviziato», si legge nella cronaca. L’urgenza dei lavori trova la sua ragione di essere a causa della disastrosa condizione in cui era stato ridotto e dal fatto che con decreto della Santa Sede del 25 febbraio 1938 veniva eretto canonicamente il noviziato nel convento di Alessano.
Citando sempre la cronaca conventuale, già il 6 settembre «si iniziano i lavori per chiudere le arcate dei locali esistenti a fianco alla chiesa». Il 13 settembre «si iniziano i lavori per costruire la cappella esistente a destra dell’altare maggiore destinata agli uomini. Il 4 ottobre il p. guardiano lancia un commosso appello a tutti a concorrere per l’erigendo noviziato… Nello stesso giorno si raccoglie la somma di 200.000 lire».
L’uno gennaio 1939, viene riportato:
«si ha, dopo innumerevoli difficoltà e pratiche, il permesso di iniziare i lavori del nuovo braccio… Il 16 gennaio si inizia la demolizione delle case retrostanti la portineria (ex-carcere) per guadagnare il sito necessario all’erezione del nuovo braccio. I lavori di costruzione del nuovo braccio hanno inizio il 30 gennaio. Il 20 luglio si finisce l’allungamento e ingrandimento del refettorio. Il 29 luglio finiscono i lavori della foresteria… e si mette a nuovo il muro della clausura che fiancheggia la via e si fa la balaustra sulla foresteria». Finita la costruzione del braccio destinato al noviziato «il 30 ottobre comincia l’imbianchimento di tutto il convento; il 26 dicembre viene stampato il manifesto riguardante la cerimonia solenne dell’inaugurazione del noviziato. Primo gennaio 1940: festa dell’inaugurazione della nuova fabbrica. Il 14 febbraio fra Diego Giordano da Bitonto termina i lavori di falegnameria del nuovo braccio».
Appena otto mesi dopo l’inaugurazione, il 6 agosto 1940 p. Pio Lagioia da Triggiano presenta un complesso piano di ristrutturazione della chiesa che viene autorizzato e realizzato nello spazio di tre anni. Il progetto prevedeva la trasformazione in un ampio coro della veranda (il camerone) del primo piano attiguo alla chiesa. In realtà, i lavori per chiudere le arcate di questi locali affianco alla chiesa (il camerone) per realizzare il nuovo coro, erano già iniziati nel settembre del 1938. Durante i lavori si trasformò in corridoio di passaggio al coro una cameretta situata in fondo verso nord; si demolirono dell’antico coro situato sulla navata centrale e la muratura esistente perché “ingombrante e soffocante per una chiesa troppo piccola”. Il «27 agosto1940 iniziano i lavori di restauro in chiesa e di demolizione dell’antico coro come pure degli altari della navata destra. Il 31 novembre 1940 terminano i lavori di restauro e di ampliamento della chiesa e si pianta la croce sulla facciata della chiesa». I lavori proseguirono con lo smantellamento dei sott’archi delle cappelle e l’innalzamento, a livello degli altari, dei due archi sottostanti al coro; con l’ingrandimento, dare più luce ed aria alla chiesa, delle finestre del camerone (già stato trasformato in coro) e “l’apertura completa delle finestre della chiesa che danno sul chiostro” (16 luglio 1941);l’allargamento dell’accesso al coro per i novizi lungo la parete interna della facciata della chiesa, (16 aprile 1941); la demolizione del muro frontale della navata destra della chiesa allungando la stessa fino al muro dell’ex-sacrestia; e infine lo spostamento di due metri all’indietro degli altari della navata destra. In ultimo «il 5 giugno 1941, si comincia la demolizione dei locali esistenti a destra della chiesa per la erezione del salone per il terz’ordine».
Nulla viene detto circa la demolizione degli antichi altari laterali. Solo una nota del 14 marzo del 1942 riporta: «il p. guardiano si reca a Maglie per firmare il contratto degli altarini nuovi della chiesa in castagno». E poi il 16 aprile del 1944 un’altra annotazione informa: «Solenne inaugurazione dei quattro altarini in legno». Intanto i quadri degli altarini il 4 maggio del 1943 erano già pronti: «Arrivano i quadri nuovi, dipinti da Giuseppina Pansini per la chiesa agli altarini nuovi».
«si pone in chiesa la bussola (il tamburo) alla porta piccola laterale». Il 6 febbraio 1945 «cominciano i lavori del piazzale antistante la chiesa. L’appalto è stato preso dal maestro Francesco Rizzo, detto Ciccio Pizziolo, per una spesa complessiva di £ 30.000, raccolte con sottoscrizioni e offerte volontarie».
Restauro della macchina d’altare
L’attuale macchina d’altare della chiesa S. Maria degli Angeli sostituisce l’antico altare in pietra leccese demolito nel sec. XVIII di cui oggi non rimane che il basamento che funge da supporto ai gradoni dell’attuale altare ligneo. Questa operazione avvenne probabilmente quando i duchi Guarini offrirono la grande tela del Perdono d’Assisi (3,75×2,60) dipinta dal frate cappuccino Angelo da Copertino, intorno alla quale abili intarsiatori salentini ed esperte maestranze, venute probabilmente dal convento cappuccino di Martina Franca, costruirono nel XVIII secolo l’attuale macchina d’altare.
Frate Angelo da Copertino, al secolo Giacomo Maria Tumolo (Copertino 1609–1685?), autore di diverse tele che si trovano in molte chiese del Salento, fu chiamato a Roma da Fabio Chigi (papa Alessandro VII), per rivestire la carica di conservatore delle pitture vaticane (1658-1668). La tela del Perdono d’Assisi di Alessano, realizzata dopo il suo ritorno da Roma, oltre ad apparire sintonizzata con l’atmosfera del Seicento, si ricollega al filone della grande pittura barocca romana post caravaggesca, da cui questo frate rimase “contaminato”. L’autore si firma ad uso michelangiolesco dipingendo il proprio ritratto mascherato. Egli appare vestito da penitente con un piatto fra le mani intento ad offrire la sua opera alla Regina degli Angeli.
La manutenzione e salvaguardia della macchina d’altare fu una delle prime preoccupazioni dei frati una volta tornati a Alessano. Già p. Giulio Gadaleta da Molfetta tra il 1929 e il 1931 realizzò il primo restauro dell’altare storicamente registrato. Nulla però viene detto nella cronaca conventuale sullo stato dell’altare e neppure sui lavori di restauro realizzati. Solo al 14 aprile 1936 si legge: «si sono restituite 2.000 lire al signor Germano Torsello, prese in prestito dal p. Giulio da Molfetta per il restauro dell’altare maggiore».
Il primo restauro documentato, che risale agli anni 1941-42, fu effettuato dalla Soprintendenza di Bari. La cronaca conventuale al 12 maggio 1941 per la parte lignea, annota: «Iniziano i lavori di restauro all’altare maggiore ad opera di Alberico Russo di Scorrano», per le tele fu incaricato dalla Soprintendenza un pittore di Alessano, Gustavo Urro. I lavori si conclusero, dopo varie ispezioni della Soprintendenza, il 28 marzo 1942. La cronaca conventuale dice lapidariamente: «il maestro Alberico Russo finisce i lavori di restauro dell’altare maggiore». Le operazioni eseguite consistettero nello smontaggio e rimontaggio di alcuni pezzi, nel ripristino di alcune decorazioni intarsiate e, per le tele, nel ritocco pittorico di vaste zone “a tutto effetto”, come allora si usava.
Un altro intervento, in ossequio alle disposizioni liturgiche del Concilio Vaticano II, risale al 1969. Nella cronaca conventuale al giorno 10 marzo si annota: «Si sposta in avanti l’altare maggiore per la celebrazione di fronte al popolo»[14]. Oltre allo spostamento dell’altare furono rifatte ex-novo, riportando gli stessi motivi ornamentali, dall’artigiano locale Rolando Piccinni, le ante laterali perché quelle originali non erano ricuperabili.
Il restauro della macchina d’altare iniziò ufficialmente il 22 marzo 2018 con l’apertura del cantiere (ma molte azioni – saggi, sondaggi, smontaggio di alcune parti pericolanti, prove di restauro i l’impianto antitermitico – erano iniziate già dal 2016) e si è concluso il 30 settembre 2019. La chiesa, invece, è stata riaperta al culto e benedetta il primo novembre successivo, dopo i lavori di ricupero dell’immobile consistiti nella pitturazione delle pareti, levigamento del pavimento, impianto elettrico e sonoro. Il restauro, monitorato dalla Soprintendenza dei beni culturali di Lecce fu affidato alla ditta Messapia Antiqua del restauratore Dario Taras di Specchia, mentre quello delle tele fu affidato alla restauratrice Rita Raffaella Cavaliere di San Vito dei Normanni.
La sorprendente macchina d’altare, capolavoro di ebanisteria, concepita quale vera e propria macchina scenografica, è estesa all’intera parete di fondo della navata principale modellandosi e quasi deformandosi per aderire perfettamente ad uno spazio architettonico che sembra non poterlo contenere. Essa è articolata in tre settori verticali simmetricamente disposti: quello centrale, che incornicia la pregevole tela seicentesca di frate Angelo da Copertino, della larghezza di circa 4 metri, si estende in altezza sino a lambire l’intradosso della sovrastante volta a stella, situato a oltre 8 metri dal piano del calpestio; quelli laterali, della larghezza di circa 2 metri ciascuno, racchiudono, a mo’ di edicola, le tele di sant’Anna e Maria Bambina, a destra e, a sinistra, quella del profeta Isaia e superano di poco la quota d’imposta delle appese angolari; più in alto, al centro, è collocato l’ovale raffigurante S. Giuseppe e il Bambino. Una chiara articolazione si ravvisa anche nell’orditura orizzontale: in basso l’altare sormontato da una coppia di gradini in mezzo ai quali si incastona il prezioso tabernacolo. La totalità della superficie a vista si sviluppa secondo un raffinato e minuzioso disegno che si ispira a motivi geometrici e vegetali. L’intero apparato decorativo si compone con tessere lignee di varie essenze: noce, mogano, palissandro, acero, pioppo e altri. Ricchissimo è anche l’apparato plastico che si compone di robuste cornici mistilinee, medaglioni, fastigi, volute e cartigli in un equilibrato spirito barocco semplificato, e convincente.
Con il restauratore e i tecnici si è proceduto allo studio e redazione di un progetto di restauro molto interessante il cui costo totale ammontava da 116 a 140 mila euro. La Soprintendenza, però, per mancanza di fondi, ha prescritto un intervento meno ambizioso, anche se molto radicale. Secondo le sue indicazioni, si è proceduto alla bonifica dell’apparato murario e pavimentale all’interno e nel perimetro esterno alla chiesa contro l’invasione delle termiti. Molto delicato si è rivelato lo smontaggio completo di tutta la macchina d’altare, che a operazione terminata, è stata smembrata in più di 60 pezzi che sono stati sottoposti a disinfestazione insieme con le cornici lignee delle tele delle cappelle laterali, con prodotti biocidi gassosi. Poi si è proceduto al consolidamento statico e alla sostituzione dei supporti strutturali di base ammalorati e alla ricostruzione di tutta l’ossatura portante distrutta dalle termiti. Infine si sono effettuati il consolidamento e l’integrazione dell’apparato decorativo.
Per decisione di questa, le due ante laterali, ricostruite ex-novo nel 1969 riprendendo gli stessi motivi ornamentali di quelle originali ormai irrecuperabili, sono state rimosse perché ritenute non originali; così pure sono stati eliminati due finti supporti della trave longitudinale, ritenuti materiale di risulta proveniente da altri manufatti. E sempre per disposizione della Soprintendenza, anche il paliotto, che nello spostamento dell’altare versus populum realizzato nel 1969 lo aveva automaticamente seguito formando un blocco unico con lo stesso, è stato ora collocato nel corpo della macchina d’altare, lasciando alla fantasia e professionalità del restauratore la ricostruzione del nuovo altare con motivi ornamentali geometrici.
Le quattro tele della macchina d’altare, quella centrale del Perdono d’Assisi, quella del fastigio di S. Giuseppe e Gesù Bambino, e le due laterali di S. Anna con Maria Bambina e del profeta Isaia insieme ad una tela conservata in convento che rappresenta la visita dei pastori a Betlemme, sono state restaurate presso il laboratorio della restauratrice Rita Raffaella Cavaliere a San Vito dei Normanni, secondo i canoni del restauro oggi in voga: l’asporto di residui organici, il consolidamento della superficie della tela, la velinatura con carta giapponese, il tensionamento delle tele su un telaio interinale per appianare deformazioni e imborsamenti, la facilitazione dei movimenti naturali delle tele con nuovi telai lignei ad espansione ed altri interventi specifici come una leggera verniciatura, stuccatura e ritocchi pittorici per eliminare alcune lacune della superficie pittorica.
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Per quanto fatto, un doveroso ringraziamento va alla Soprintendenza e in modo speciale ai restauratori. Un grazie particolare al vescovo della nostra diocesi sua eccellenza monsignor Vito Angiuli per il generoso contributo economico; alla Fondazione Giorgio Primiceri della Banca popolare pugliese (BPP) nella persona del suo presidente il dottor Vito Primiceri per aver finanziato il restauro delle tele della macchina d’altare e di tutto il patrimonio iconografico del convento; alla fraternità dell’Ofs e a tutte le associazioni cittadine. Un ricordo particolare all’amico regista Edoardo Winspeare per avere girato un clip sulla macchina d’altare con l’intento di sensibilizzare il mondo artistico e culturale. E, infine, non perché sia l’ultimo, sento di dover esprimere la gratitudine della fraternità cappuccina al popolo di Alessano continuamente vicino, anche con un generoso sostegno economico, alle vicende non sempre agevoli del processo del restauro di questo tesoro di arte, cultura e fede che per molti secoli ha accompagnato la storia e l’evoluzione di questa comunità cittadina.
[1] VINCENZO Criscuolo, I Cappuccini e la Congregazione Romana dei Vescovi e Regolari, 1989-2004, vol. VIII, pp. 39, 99.
[2] ARCHIVIO PARROCCHIALE, ALESSANO, SEZ. E.
[3] FILIPPO Bernardi, I frati minori cappuccini di Puglia e Basilicata (1530-1776), a cura di T. Pedio, Bari 1985, pp. 232-233.
[4] D’ALATRI MARIANO, I conventi Cappuccini nell’inchiesta del 1650, III, L’Italia meridionale e insulare, pp. 108-109.
[5] F. Bernardi, I frati minori cappuccini, pp. 233.
[6] ARCHIVIO VATICANO, Brevi apostolici anno 1628, fol. 106; anno 1620 fol. 74.
[7] DA VALENZANO SALVATORE, I Cappuccini nelle Puglie. Memorie storiche (1530-1926), pp. 148-149.
[8] Ivi, pp. 148-149.
[9] F. Bernardi, op. cit., pp. 232-233.
[10] Bullarium Cappuccinorum, pag. 127.
[11] Cfr. R. A. Savoia (a cura di), La provincia dei Frati minori Cappuccini di Puglia – 5 secoli di storia. Primo centenario della rifondazione della provincia (1908-2009), pp. 201
[12] R. A. Savoia, Il catalogo de’ soggetti più illustri tra Cappuccini della Provincia d’Otranto – Santità di vita e fatti straordinari (secoli XVI-XVII), documentazione iconografica di Francesco Monticchio, Ed. Grifo, Lecce 2017, pp. 685-686.
[13] Archivio Provinciale Cappuccini Bari, b. sn. Convento di Alessano, Cronaca conventuale, 1929-1946, ms.
[14] Archivio Conventuale Cappuccini Alessano, b. sn. Cronaca conventuale, 1946-1969, ms.