
Omelia nella Messa della prima domenica di quaresima
Parrocchia Madonna delle Grazie, Tutino di Tricase, 26 febbraio 2023
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo iniziato la quaresima con il rito dell’imposizione delle ceneri ed ora con questa prima domenica diamo inizio ufficiale al cammino battesimale e penitenziale. Si tratta di un cammino interiore e spirituale; un cammino del cuore, della mente e del sentimento, per un cambiamento della nostra vita. Quello che ci viene chiesto è predisporci ad andare incontro al Signore risorto per celebrare con lui il mistero della sua Pasqua.
Si tratta di un cammino personale, un cambiamento della vita e dei sentimenti profondi che sono a fondamento della nostra esistenza. Si tratta anche di un cammino comunitario, dell’assemblea che celebra insieme, domenica dopo domenica, tappa dopo tappa, i misteri della salvezza camminando sul sentiero tracciato da Gesù; sentiero che lui per primo ha percorso e che chiede a noi di percorrere.
C’è da vedere con chiarezza la meta, perché come dice sant’Agostino, in un bellissimo discorso, la quaresima rappresenta il cammino della vita, la Pasqua, invece, indica la meta da raggiungere. Sono i due momenti fondamentali dell’anno liturgico che diventano simbolo del cammino dell’esistenza: la quaresima con tutto il carico di librazione dalle stanchezze, dai ritardi, dai peccato; la Pasqua come ingresso nella dimensione della resurrezione di Cristo.
La prima domenica di quaresima ci prospetta con molta chiarezza la nostra situazione reale, concreta e storica. Da una parte il progetto di Dio, dall’altra l’intervento dell’uomo: Cristo, il mediatore, tra Dio e l’uomo viene a riannodare i fili di una storia che si è incamminata verso una tragica conclusione. Sono così delineati i tre aspetti della storia della salvezza: il progetto di Dio, la distruzione di questo progetto, la ricostruzione da parte di Cristo.
La prima lettura illustra il primo aspetto. Come prima cosa, Dio ha fatto un giardino e vi ha posto l’uomo perché lo coltivasse, lo custodisse, facesse fruttificare ogni cosa. La bellezza del creato si associa alla relazione fraterna tra gli uomini, in un rapporto di estrema consonanza tra di loro e con Dio. È il giardino dell’armonia e della pace.
Purtroppo questo giardino è stato distrutto, abbandonato, trasformato. Il giardino diventa un deserto, per le relazioni conflittuali tra gli uomini e lo scempio della natura. Il giardino di Dio si trasforma in un campo di sterpaglie dove gli uomini si combattono e si uccidono e la natura viene deturpata. L’antica bellezza si trasforma in un campo di battaglia. Come la guerra che si combatte in Ucraina; come la situazione dell’Afganistan da dove viene il nostro fratello Zawal Fayaz. Il giardino diventa un deserto da cui scappare.
I “corridoi umanitari”, di cui la Caritas si fa carico, consentono solo ad alcuni di poter venire in Europa con sicurezza. Gli altri, come a Crotone, spesso muoiono lungo il tragitto. Con i “corridoi umanitari” sono arrivati circa 99 persone dall’Afganistan, mentre a Crotone ne sono morte circa 89. Sembrano due pesi su una bilancia: da una parte quelli che si salvano e dall’altra quelli che muoiono. E noi siamo spettatori. Certo, facciamo quello che possiamo. In realtà, sembra quasi che a queste situazioni di migrazione a causa delle guerre non ci sia nessuna possibilità di soluzione.
Il vangelo di Matteo afferma che Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo. In quale deserto? Il deserto del nostro mondo, della nostra vita, della storia dell’umanità. E lì, Cristo combatte lo spirito del male, il groviglio di situazioni, di sentimenti, di decisioni che sono nell’animo dell’uomo. Occorre ritornare al progetto di Dio. Il diavolo suggerisce un altro progetto e lo propone a Cristo. Ma Gesù combatte contro lo spirito del male, e lo vince.
Le tre tentazioni di Gesù richiamo le tentazioni di Adamo ed Eva. La prima e la terza consistono nell’avidità del possesso. Le guerre avvengono per il dominio e il potere. Ognuno vuole possedere la terra, i beni, le risorse. A monte della guerra c’è sempre questo desiderio di egemonia e di supremazia cui si aggiunge l’avidità insaziabile di potersi impadronire delle ricchezze del mondo.
La seconda tentazione consiste nel mettersi in competizione con Dio. Il diavolo, citando in modo distorto e provocatorio un salmo, invita Gesù a buttarsi giù dal tempio. Gli angeli verranno a salvarlo. È un suggerimento subdolo come quello proposto ad Eva. Cristo risponde dicendo: «Sta scritto». Le tentazioni attraversano il cuore di tutti, ognuno nella sua situazione di vita. La vittoria si ottiene obbedendo alla Parola di Dio. Bisogna fare un cammino di conversione, di cambiamento del cuore e degli stili di vita.
La presenza di Fajaz è un segno per la vostra comunità a diventare una famiglia che ha le finestre aperte, la porta spalancata e la casa accogliente. Siete stimolati a vedere la realtà e rendervi conto di quello che accade nel mondo. Per poi accogliere chi è nel bisogno con la porta spalancata e la casa disponibile all’ospitalità. Aprendo soprattutto la porta del cuore, coltivando sentimenti di misericordia e di generosità.
Come voi sapete, Fayaz Zawal è nato a Nangahar il 26 dicembre del 1995, figlio di un dirigente scolastico e di una casalinga. Ha tre fratelli e due sorelle. La sua vita ha conosciuto le tante crisi e guerre del suo paese. Da bambino ha visto il primo avvento dei talebani, gli studenti coranici ultraintegralisti che hanno isolato il paese. Poi dopo l’11 settembre del 2001, ha vissuto in un paese devastato da una guerra terribile. Ha studiato per 14 anni e ha frequentato per due anni l’accademia militare. Alla fine del conflitto si è trovato a vivere in condizioni difficili e, giovanissimo, ha iniziato a lavorare per l’esercito e a collaborare con la Nato. La storia difficile del suo paese ha condizionato le possibilità di studiare di professionalizzarsi, di sperare in un paese pacificato.
Dopo anni di guerra, quando sembrava che una esile tregua potesse resistere agli scontri tra fazioni, nell’agosto del 2021 tutto è crollato e i talebani hanno ripreso il potere. Chi aveva lavorato per gli occidentali si è trovato a doversi nascondere, per sfuggire alla loro vendetta. Grande è stata la gioia di Fayaz nel raggiungere l’Europa, abbracciare suo fratello e iniziare una nuova vita, coltivando il sogno di portare qui la sua giovane sposa che ora vive nascosta con la sua famiglia.
Fayaz è stato accolto dalla vostra parrocchia. Vivrà presso l’Oratorio parrocchiale di Tutino per un anno, grazie alla disponibilità del parroco, don Pasquale Carletta. Durante quest’anno tutta comunità sarà coinvolta in un servizio di accoglienza, protezione, promozione ed integrazione. Vi auguro che possiate essere sempre così: una parrocchia con le finestre aperte, la porta spalancata e la casa accogliente.