Le feste della santa Madre di Dio, degli apostoli e dei santi
nella diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca
UNA LETTURA DEL CALENDARIO PROPRIO
della diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca
di Rocco Frisullo
(sigle e abbreviazioni, bibliografia, note nel file pdf allegato)
Presentazione
Il Concilio Ecumenico Vaticano II col suo primo documento, la costituzione Sacrosanctum Concilium, ha posto la liturgia in rapporto alla storia della salvezza considerata come l’attuazione del piano salvifico di Dio nel tempo (cf. Ef 1,3-12). Recita, infatti, la costituzione: «Nella liturgia si compie l’opera della nostra redenzione» e «della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine, operate nel popolo dell’Antico Testamento ed è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione».
Nella liturgia la storia della salvezza raggiunge il suo scopo finale perché in essa non solo viene annunciato ma anche attuato il Vangelo. Ciò significa che per mezzo dei sacramenti e soprattutto dell’Eucaristia gli uomini ricevono il dono per eccellenza, lo Spirito di adozione che li rende figli di Dio.
L’attuazione della riforma liturgica si è quindi molto concentrata sui sacramenti e sull’Eucaristia e sembra aver tralasciato di scoprire e valorizzare l’anno liturgico e la sua grande ricchezza per la vita della Chiesa.
La SC dedica invece all’anno liturgico un intero capitolo. Così viene presentato:
«La santa madre Chiesa considera suo dovere celebrare l’opera salvifica del suo sposo divino mediante una commemorazione sacra, in giorni determinati nel corso dell’anno. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa memoria della risurrezione del Signore, che essa celebra anche una volta all’anno, unitamente alla sua beata passione, con la grande solennità di Pasqua. Nel corso dell’anno poi, distribuisce tutto il mistero di Cristo dall’Incarnazione e dalla Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, le rende come presenti a tutti i tempi e permette ai fedeli di venirne a contatto e di essere ripieni della grazia della salvezza».
«Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con particolare amore la beata Maria, madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo: in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza».
«La Chiesa ha inserito nel corso dell’anno anche la memoria dei martiri e degli altri santi che, giunti alla perfezione con l’aiuto della multiforme grazia di Dio e già in possesso della salvezza eterna, in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi. Nel giorno natalizio dei santi infatti la Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato in essi, che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro esempi che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo; e implora per i loro meriti i benefici di Dio».
«Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente «giorno del Signore» o «domenica». […] Per questo la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico».
«L’animo dei fedeli sia indirizzato prima di tutto verso le feste del Signore, nelle quali durante il corso dell’anno si celebrano i misteri della salvezza. Perciò il proprio del tempo abbia il suo giusto posto sopra le feste dei santi, in modo che sia convenientemente celebrato l’intero ciclo dei misteri della salvezza».
«La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. Perché le feste dei santi non abbiano a prevalere sulle feste che commemorano i misteri della salvezza, molte di esse siano celebrate da ciascuna Chiesa particolare, nazione o famiglia religiosa; siano invece estese a tutta la Chiesa soltanto quelle che celebrano santi di importanza veramente universale».
In questi testi della SC troviamo alcuni elementi qualificanti che hanno orientato la riforma dell’anno liturgico, del calendario della chiesa universale, e hanno ispirato i successivi documenti presentati in questo seminario, sulla riforma dei propri diocesani e delle famiglie religiose:
- la centralità e la priorità su ogni altra celebrazione del mistero di Cristo e particolarmente del mistero pasquale, quindi della domenica;
- la celebrazione delle feste della Madonna e dei Santi, sempre considerata in rapporto al mistero di Cristo;
- l’attenzione all’autentica crescita spirituale della comunità.
Non c’è dubbio che accanto all’”anno del Signore” con la celebrazione dei suoi misteri, l’anno liturgico conosce anche un ciclo di feste e memorie dei santi. Si tratta di celebrazioni della Madre di Gesù, degli Apostoli, dei Martiri e di tutti quei Santi che, secondo il proprio stato di vita, hanno praticato con particolare serietà la sequela di Cristo.
La storia della vita liturgica della Chiesa ha mostrato come talvolta il culto dei santi e della Madre di Dio, compromesso da esagerazioni, pratiche erronee, abusi, ha leso il ruolo di Cristo come unico mediatore, secondo quanto afferma S. Paolo: «Uno solo, infatti, è Dio e uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,5ss). Così la stessa Chiesa ha voluto “purificare” questo culto mostrando come la grazia vittoriosa dell’unico mediatore e redentore è divenuta efficace e visibile nei santi. Lo leggiamo splendidamente nel prefazio dei santi: «Nella festosa assemblea dei santi risplende la tua gloria e il loro trionfo celebra i doni della tua misericordia». Anche i prefazi della Madonna sottolineano tali aspetti.
Maria e i santi sono il segno e la testimonianza della fede, vangelo vissuto, modello esemplare per l’orientamento della vita e ad essi ci si rivolge per esporre loro, come a dei fratelli e sorelle, ansie e necessità e chiedere loro intercessione presso Dio.
Quanto è stato esposto sopra in riferimento alla SC, ha preparato la riforma del calendario universale ma non ha trascurato quello delle chiese particolari, di quelle comunità cristiane «collocate in un contesto storico-locale ben definito e con una matrice culturale ben strutturata che celebrano e vivono la liturgia con i loro usi, tradizioni, Santi, devozioni ed espressioni vivide della pietà popolare, quale linguaggio espressivo dello spirito religioso».
Dopo la pubblicazione della SC il Consilium prima, e la Sacra Congregatio de Culto Divino poi, sono intervenuti riguardo i propri diocesani, nazionali e regionali, come pure per quelli delle famiglie religiose, specificando e incoraggiando la produzione sia del calendario sia dei testi della Liturgia delle Ore e della Messa.
Importante era la sottolineatura fatta dai diversi pronunciamenti degli organi su citati: la revisione del calendario e la redazione dei testi propri doveva essere preceduta da una accurata investigazione teologica capace di tenere fisso il principio cristologico di tutto il calendario; la necessità di verificare la storicità di alcuni santi, «della loro vita, delle loro opere e dell’origine e della diffusione del loro culto»; infine, la prospettiva pastorale per verificarne l’effettiva utilità per il cammino spirituale dei fedeli.
Dal materiale raccolto in seguito alle ricerche effettuate presso le curie diocesane e le diverse congregazioni di appartenenza dei partecipanti al seminario, abbiamo costatato come «la redazione dei Calendari e dei Propri diocesani ha subito lungo gli anni una lenta ma profonda evoluzione», anche se a volte non si è stati in grado di stabilire criteri precisi ai fini dell’elaborazione e della produzione di testi veramente qualificati. Sicuramente tutto il lavoro fatto ha permesso di vedere come il concreto articolarsi dell’anno liturgico con il calendario proprio che si intreccia con i contenuti delle diverse festività crei e manifesti la specifica tradizione di una chiesa locale.
In questo lavoro intendo presentare il risultato del lavoro compiuto nella mia Diocesi riguardo al calendario proprio.
Le celebrazione proprie della Diocesi
Nel 1976 la Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino aveva ricevuto per l’approvazione il Calendario delle celebrazioni proprie dalla Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca.
Il calendario era accompagnato da una relazione nella quale venivano presentati i criteri seguiti per la compilazione e le motivazioni proprie di alcune celebrazioni particolari, secondo quanto era richiesto dal documento Calendaria Particularia del 1970.
In questi 35 anni l’avvicendamento dei vescovi, i loro interventi in materia liturgica e pastorale e i cambiamenti socio-culturali del territorio, hanno chiesto una rivisitazione del calendario per meglio adattarlo al vissuto di fede della comunità cristiana di oggi.
Il Calendario Proprio che segue è suddiviso in due parti: la prima, dal titolo Calendario Proprio riporta le solennità, feste e memorie proprie del continente europeo, della nazione italiana, della regione Puglia e della Diocesi; la seconda parte intitolata Calendario dei luoghi particolari della Diocesi propone alcune ricorrenze significative delle città e dei paesi di questa diocesi, nonché delle parrocchie ivi presenti.
L’impaginazione grafica usata è quella propria del Missale Romanum che distingue graficamente le solennità, le feste, le memorie obbligatorie e facoltative.
Alcune considerazioni.
Come per la prima edizione riveduta del 1976, la revisione del calendario è stata preceduta da una accurata investigazione storica, teologica e pastorale attraverso una commissione di esperti in queste discipline.
La diocesi non ha santi e beati che hanno un riferimento particolare al territorio se non la figura di S. Dana, un diacono vissuto nel IX secolo, originario di Valona (Albania).
Per la celebrazione liturgica dei santi è stato assegnato il rispettivo giorno della loro morte (dies natalis); alcuni santi hanno conservato il loro giorno tradizionale strettamente legato alla devozione dei fedeli, a tradizioni popolari e a consuetudini civili in quanto sarebbe stato difficile cambiarne la data senza obiezioni.
Hanno ricevuto l’ “indulto” le feste di S. Vincenzo de Paoli sacerdote, e i Ss. Cosma e Damiano martiri, che nella città di Ugento vengono celebrati rispettivamente nei giorni 26 e 27 settembre secondo il vecchio calendario universale, a motivo della profonda devozione ai Ss. Medici di cui gode ormai da decenni l’omonimo Santuario, accogliendo pellegrini da tutti i paesi limitrofi.
Circa la fusione armonica delle celebrazioni proprie con quelle universali, si è cercato di osservare queste norme:
- a) le solennità iscritte nel calendario generale sono state conservate nel medesimo giorno, salvo disposizioni contrarie;
- b) anche le feste elencate nel calendario generale sono state conservate nel medesimo giorno, rinviando al giorno più vicino una festa, in quanto intimamente connessa con gli usi o con il culto popolare;
- c) una memoria propria ha avuto la precedenza su di una memoria generale non obbligatoria.
Si è voluto verificare che il patrono principale fosse uno soltanto per ogni città del territorio diocesano e si è voluto mettere ordine nelle feste della la Beata Vergine Maria. Recita infatti CP: «Se titolare è la Beata Vergine Maria con denominazioni che non si trovano nel calendario generale o in quello particolare, se ne celebri la solennità o il 15 agosto o in un altro giorno in cui, nei medesimi calendari è prevista una celebrazione della Beata Vergine Maria, in armonia con la festa titolare e con particolari manifestazioni di devozione». Questo principio ha permesso di fissare nell’8 settembre diverse celebrazioni care alla devozione popolare, come notiamo dalla stesura del calendario.
Nella determinazione dell’ordine di precedenza delle celebrazioni è stata utilizzata la Tabella dei giorni liturgici.
Considerazioni sul Calendario
1. Il Calendario Proprio
Il Calendario Proprio contiene le celebrazioni generali per tutta l’Europa, l’Italia, la regione Puglia e la Diocesi. Per le prime due aree troviamo essenzialmente i patroni dell’Europa e dell’Italia.
La Diocesi conserva la data della Dedicazione della Chiesa Cattedrale il 30 giugno e viene celebrata con solennità secondo le indicazioni dei Praenotanda del Pontificale Romano.
Patrono principale della Diocesi è S. Vincenzo di Saragozza. La presenza nel calendario della memoria di S. Rocco come patrono secondario permette di vedere una profonda devozione del popolo a questo santo, già patrono della diocesi e che risale a quel periodo storico che abbraccia i sec. XIV-XVIII caratterizzato da pestilenze di diverso tipo a motivo delle zone acquitrinose caratteristiche del capo di Leuca.
Il 13 aprile si fa memoria di S. Maria de finibus terrae. Questo titolo attribuito a Maria nell’omonima Basilica di Leuca, compare anche nel nome della Diocesi dal 1959. In seguito alla celebrazione dell’anno mariano, fu chiesto alla S. Sede da parte del Vescovo del tempo, di aggiungere “S. Maria di Leuca” al nome “Diocesi di Ugento” con il quale questa porzione di Chiesa veniva chiamata. In seguito, la celebrazione di S. Maria de finibus terrae fu estesa a tutta la Diocesi con il grado di memoria.
Il 16 gennaio si celebra la memoria di S. Dana il quale approdò nel Capo di Leuca insieme con alcuni suoi connazionali. Prestò servizio, come diacono, nel Santuario di S. Maria di Leuca. In seguito a una incursione saracena, nell’approssimarsi delle navi, il giovane diacono prese con sé la pisside con l’Eucaristia e fuggì verso Montesardo, un luogo sicuro in quanto difeso da fortificazioni. Ma lungo il percorso fu raggiunto e ucciso in odio alla fede cristiana. Ebbe il tempo di consumare le Sacre Particole per non esporle alla profanazione. Sul Luogo del martirio sorge una stele marmorea, che dista circa 200 metri dal paesino che porta il suo nome.
Il 13 ottobre è stata fissata la solennità della Dedicazione della Chiesa per tutte quelle chiese di cui non si conserva la data della Dedicazione.
Nel calendario proprio diocesano si evidenziano anche alcune celebrazioni proprie della Regione Puglia elevate al grado di memoria obbligatoria dalla Conferenza Episcopale Regionale quali S. Lorenzo da Brindisi (Brindisi), S. Pio da Pietrelcina (S. Giovanni Rotondo), la Beata Vergine Maria venerata sotto il titolo di Regina Apuliae (Seminario Regionale Pugliese di Molfetta). I Beati Antonio Primaldo e compagni martiri (Otranto) e il Beato Bartolo Longo (Latiano) sono nel grado di memoria facoltativa.
2. Il Calendario dei luoghi particolari della Diocesi
a. Lettura statistica
Il Calendario dei luoghi particolari della Diocesi è suddiviso seguendo i 34 centri abitati presenti sul territorio della diocesi. Sfogliando l’elenco contiamo 43 parrocchie di cui 29 coincidono con l’intero paese.
Circa la metà delle parrocchie (22) conservano e celebrano solennemente il giorno della Dedicazione della Chiesa parrocchiale. Sono principalmente chiese di nuova costruzione ma anche alcuni edifici del XVII e XVIII sec.
Molti centri abitati hanno una chiesa dedicata all’Immacolata o all’Assunta (17) nelle quali si celebra abitualmente la rispettiva solennità, mostrando così la profonda devozione del popolo a Maria, a cui bisogna aggiungere il culto reso alla Vergine l’8 settembre.
Scorrendo il calendario con un’attenzione particolare ai Patroni, notiamo una scelta comune a diversi paesi per S. Antonio di Padova che ricorre in sei luoghi, affiancato da S. Nicola, S. Michele Arcangelo, S. Andrea apostolo, e S. Vincenzo che ritroviamo in tre paesi diversi.
Sul territorio diocesano sono presenti diverse chiese a cui si attribuisce il titolo di santuario, sebbene solo per alcune di esse esiste un decreto di erezione.
Emerge, infine, una particolare attenzione alla festa mariana dell’8 settembre. La Vergine Maria viene celebrata con diversi titoli in rispettive chiese che ne conservano simulacri e ne spiegano la devozione (6 titoli diversi).
b. Lettura teologica
- Le feste mariane
Il calendario così presentato si presta a una profonda lettura teologica con uno specifico riferimento mariologico. La continua attenzione della comunità cristiana a Maria possiamo coglierla nella dedicazione di diverse chiese all’Immacolata Concezione, alla Natività, alla Presentazione e all’Assunzione della Vergine.
Particolare attenzione ricopre la festa dell’8 settembre. La Natività di Maria è una delle più antiche feste mariane risalente probabilmente ad una dedicazione di una chiesa in Gerusalemme nel V sec. nei pressi della casa natale di Maria. A Roma questa festa è documentata da Papa Sergio I nel sec. VII. Accanto al Natale del Signore e alla Natività del Battista è la terza festa di natività presente nel calendario. Essa esalta la nascita di Maria con riferimento soprattutto alla sua maternità divina, come possiamo dedurre dai testi eucologici.
Molto significativi sono i titoli con cui la Madonna viene celebrata l’8 settembre nei diversi luoghi della diocesi: Madonna delle Grazie, della Strada, del Passo, del Ponte, del Riposo. Tutte categorie che richiamano alla mente l’esperienza del cammino e il percorso di fede del discepolo dietro al Maestro. Sembra risuonare in questi titoli la conclusione dell’episodio di Cana: «Dopo questo fatto [Gesù] scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli» (Gv 2,12). Maria, presentata in questo episodio nella sua funzione di mediatrice in rapporto al Figlio e ai fedeli, ora scende con Gesù accanto ai discepoli divenendo ella stessa discepola del suo Figlio. Infatti è indicata dall’evangelista come “la madre di Gesù” e lo stesso Gesù si rivolge a lei chiamandola non madre, ma donna. Secondo alcuni esegeti egli tende a relativizzare il ruolo di Maria come madre per valorizzare invece la sua fisionomia di discepola. Così, su un piano più strettamente ecclesiologico, qui Maria viene associata intimamente alla comunità di quelli che crederanno nel suo Figlio.
Sembra quasi incrociare perfettamente quanto dice la Sacrosanctum Concilium:
«La santa Chiesa venera con particolare amore la beata Maria, madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo: in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa desidera e spera di essere nella sua interezza».
Una lettura più scrupolosa di questa devozione a Maria così come viene indicata in questi titoli a lei attribuiti, ha anche un carattere storico-geografico. In occidente il XII secolo vede la massima espansione del culto di Maria, e il suo principale promotore è san Bernardo. Quindi l’intensificazione del culto mariano è contemporanea alla civiltà cortese e alle crociate, e queste coincidenze non sono prive di significato se le leghiamo alla situazione geografica della Puglia, passaggio obbligato per chi si avventurava verso l’Oriente. Maria è la strada sicura che non conosce smarrimenti, colei che protegge il cammino, Madre sotto la quale cerchiamo rifugio nell’ora del riposo, ponte incrollabile che ci eleva sulle difficoltà del cammino, passo che non conosce esitazioni e incertezze e che conduce alle sospirate grazie che il cuore fedele implora dal Figlio.
- Le feste patronali
I diversi centri abitati hanno un loro proprio santo patrono che festeggiano con devozione e amore. «Le feste dei santi, infatti, proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare».
Scorrendo il calendario e soffermandoci su questi santi scopriamo che più di due terzi di loro sono martiri, tanti di essi pastori (vescovi) e martiri, altri, infine, santi della carità.
La scelta di un martire probabilmente risale alla grandezza della sua testimonianza vista sempre, nella storia della Chiesa, nel suo profondo riferimento a Cristo e alla sua passione. A Cristo, capo della Chiesa, proprio costoro fanno riferimento come sue membra. Essi sono i grandi intercessori per il popolo perché «sono passati attraverso la grande tribolazione» (Ap 7,14), una moltitudine che ben giustifica l’applicabilità al popolo di Dio del titolo di ecclesia martyrum.
Altrettanto importante è la scelta di un santo pastore come patrono. Già in alcuni testi del NT il termine “pastore” è applicato a coloro che nella Chiesa svolgono un ministero di guida e di responsabilità. Nella eucologia del MR viene espressa questa “funzione” dei pastori. Leggiamo infatti nel Prefazio I degli Apostoli: «Pastore eterno, tu non abbandoni il tuo gregge, ma lo custodisci e proteggi sempre per mezzo dei tuoi santi Apostoli, e lo conduci attraverso i tempi, sotto la guida di coloro che tu stesso hai eletto vicari del tuo Figlio e hai costituito pastori». In questi testi è facile scorgere l’ambiente dottrinario dei Padri nella cui lettura tipologica l’immagine del pastore si applica agli apostoli e ai loro successori e aiutano le loro comunità a percepire il ministero episcopale in successione a quello apostolico e a considerare i vescovi come autentici pastori. S. Agostino così si esprime sul rapporto che lega Cristo, il Vescovo e il popolo mentre cita l’Apostolo Paolo (2Cor 11,3): «Custodiva coloro che governava; era un custode che vegliava su di loro come meglio poteva. La stessa cosa fanno oggi i vescovi. Se infatti al vescovo è allestito un seggio più elevato, è perché tocca a lui sorvegliare, cioè custodire, il popolo. […] A considerare il posto che occupiamo, siamo vostri maestri, ma rispetto a quell’unico Maestro, siamo vostri condiscepoli e frequentiamo la stessa scuola». Questi brevi accenni all’esperienza dei Padri ci permettono così di motivare l’affetto e la devozione di molte comunità cristiane della diocesi verso quelle figure di santi pastori eletti Patroni. Anno dopo anno, celebrandoli con solennità, il popolo dà voce alle parole della liturgia contenute nel prefazio dei pastori: «Tu doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare la festa [memoria] di san N., con i suoi esempi la rafforzi, con i suoi insegnamenti l’ammaestri, con la sua intercessione la proteggi».
Un’ultima categoria di santi patroni potremmo classificarla come “santi della Carità”. Sono coloro che hanno manifestato il loro amore per Cristo attraverso la carità, a volte spinta fino all’estremo, per tutti i fratelli. Una vita vissuta sullo sfondo delle parole di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,34b-36). La compassione di Cristo per coloro che erano nel bisogno era un chiaro segno del fatto che `Dio ha visitato il suo popolo (Lc 7,16) e che il Regno, di Dio è vicino. I santi sono la longa manus di Cristo: come lui “toccano” i malati, gli infermi nel corpo e nello spirito, ascoltano il loro cuore ferito e bisognoso di speranza e intercedono per i fratelli pellegrini in questo mondo, legandosi a loro e incoraggiandoli a camminare verso la meta ultima e definitiva dove loro già sono entrati: la vita eterna.
È nella santità della vita che consiste il nostro vero culto, la cui meta ultima è Dio. È in tale prospettiva che va colto il vero ed autentico significato del culto dei santi, che non è fine a se stesso, in quanto i santi sono tali nella misura in cui si rapportano fedelmente a Dio, per la comunione che li lega a Lui e li fa partecipi della sua santità, della sua vita divina e della sua beatitudine.
3. Difficoltà nell’attuazione di alcuni punti di Calendaria Particularia
Il Concilio Vaticano II ha fortemente richiamato il valore della domenica come festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli: «Non le venga anteposta alcuna altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento è il nucleo di tutto l’anno liturgico» (SC 106). La domenica è la festa primordiale perché è la prima e più antica festa celebrata dalla chiesa. La domenica costituisce l’ossatura di tutto l’anno liturgico, di cui è “fondamento e nucleo”. Nella domenica c’è tutta la festa cristiana e nell’anno liturgico vengono esplicitati gli aspetti della totalità di questa festa.
La Notificazione del 1997, ribadisce e marca l’importanza della domenica chiedendo di salvaguardare «soprattutto il carattere del tutto particolare della domenica quale “giorno del Signore” in cui la Chiesa fa memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù».
Propongo questa riflessione sulla domenica perché il calendario dei luoghi particolari qui presentato ha al suo interno alcune feste della Beata Vergine Maria e di alcuni santi che vengono celebrate in diverse domeniche dell’anno.
L’intervento degli uffici di curia competenti in materia sin dalla prima edizione del calendario proprio ha incontrato grosse difficoltà per la sistemazione in un giorno proprio di queste solennità e feste in quanto sono di lunga consuetudine e hanno una radicata e immemorabile tradizione popolare che costituisce motivo sufficiente per la conservazione di tale celebrazione nel giorno di domenica. Mi riferisco alla solennità di S. Michele Arcangelo, patrono della comunità di Supersano che viene celebrata l’8 maggio, secondo le usanze e la tradizione di Monte S. Angelo (Foggia) che fa memoria di un’apparizione di S. Michele proprio in questa data (dall’anno 490, ai tempi di papa Gelasio I).
Altre feste invece, in cui le funzioni liturgiche era legate solo relativamente a manifestazioni di indole più popolare e folcloristico, hanno subito una “scissione” indolore per cui è stato possibile salvaguardare la domenica e i principi su esposti.
Due casi specifici nel calendario (Leuca, Parrocchia Cristo Re e Patù) presentano il problema del trasferimento di alcune celebrazioni. Entrambi i casi mettono a confronto la solennità della Dedicazione della Chiesa con la festa dei Ss. Michele, Gabriele e Raffaele (29 settembre) e la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre). Recita così la notificazione: «Bisogna custodire l’integrità del Calendario Generale come espressione, tra l’altro, dell’unità sostanziale del Rito Romano. Il rischio infatti è che una prassi troppo larga porti all’indebolimento dell’unità e della coesione interna del Calendario Generale e, subordinatamente, di ciascuno dei calendari delle nazioni o delle regioni interdiocesane. Per il futuro, quindi, la Congregazione intende insistere di più sulla necessità di mantenere le celebrazioni del Calendario Generale al giorno loro assegnato, e di non concedere il trasferimento ad altro giorno delle celebrazioni impedienti, se non per motivi pastorali eccezionali, che interessino un considerevole numero di fedeli. Lo stesso sarà per i calendari nazionali e quelli di regioni interdiocesane nei confronti del calendario diocesano».
Pertanto nel caso di Leuca si è preferito mantenere nel suo giorno specifico la solennità della Dedicazione della Chiesa in quanto la vita della comunità è segnata da questa ricorrenza (motivazione pastorale), e di spostare al giorno libero più vicino (in questo caso anticipando al 25 settembre per non allontanarsi troppo dalla data del calendario Romano) la festa dei Santi Arcangeli. Trasferimento dettato anche dalla differenza di grado fra le due celebrazioni (motivazione liturgica).
Conclusione
«I santi sono i testimoni del primato della carità nella vita del cristiano». Le parole del Santo Padre Benedetto XVI bene si intrecciano con questa breve analisi del calendario della mia Diocesi. La tipologia di santità che è emersa è molto diversificata e mostra una profonda vita di fede della comunità diocesana che si stringe, lungo il corso dell’anno, attorno ai suoi santi e ai suoi patroni per celebrarne le virtù eroiche e per sollecitarsi a una imitazione sempre più vera e autentica. È una comunità che poggia principalmente la sua devozione su santi del passato, martiri e pastori zelanti del popolo che risalgono ai primi secoli della storia della Chiesa.
Grazie all’aiuto e alla sensibilità dei suoi pastori, ogni comunità parrocchiale acquisisce sempre più consapevolezza che il culto reso ai santi è per la propria santificazione. L’intercessione esprime il senso della mediazione del santo, dell’aiuto e della protezione per cui la comunità cristiana si sente intimamente legata alla figura di proprio santo celebrato. A volte la pietà popolare ha arricchito di elementi contrastanti e disorientativi il culto e spesso hanno rinchiuso la devozione e la preghiera in mere manifestazioni folcloristiche che ben poco hanno a che vedere con lo spirito proprio della preghiera cristiana e, ancor più, della liturgia. A 50 anni dalla Riforma Liturgica ancora molto c’è da fare affinché la devozione popolare sia purificata e sempre più centrata a livello trinitario, cristologico ed ecclesiale.
Siamo certi però che la Chiesa Celeste incoraggia e sostiene lo sforzo al quale siamo continuamente chiamati: quello di passare da testimoni della santità alla testimonianza di una vita santa consci che l’amicizia dei santi non può che produrre effetti sul piano della maturazione della vita cristiana.
S. VINCENZO, DIACONO E MARTIRE
S. MARIA DE FINIBUS TERRAE

IL CALENDARIO PROPRIO
