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“Caro fratello vescovo”

Prefazione 

del Card. Pietro Parolin

Segretario di Stato di Sua Santità

Accolgo volentieri l’invito a introdurre la lettura di questa  raccolta di omelie e riflessioni su “don Tonino Bello” (così è conosciuto mons. Antonio Bello), compianto vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, pastore amato e oggi Servo di Dio, in cammino verso la meta della beatificazione. Ritengo che il volume giunga nelle nostre mani in un momento quanto mai opportuno: in un tempo segnato fortemente dalla sfiducia, dall’incertezza e dalla paura, abbiamo bisogno di confrontarci con testimoni capaci di infondere speranza e accendere il sogno di un riscatto planetario. E se questi testimoni appartengono al nostro tempo, ancora meglio!

Don Tonino Bello, vescovo e profeta della pace, è di certo una figura luminosa della santità contemporanea. Scorrendo i suoi scritti e ascoltando le testimonianze di quanti hanno conosciuto la sua attività pastorale, viene quasi naturale individuare rimandi a gesti, scelte e parole di papa Francesco. Mi sorprendono alcune convergenze spirituali tra questi due uomini di Dio: un amore sconfinato per Cristo e l’impegno a conformarsi pienamente alla sua volontà, l’invito alla fraternità universale scandito dalla ricerca continua del dialogo franco con tutti, la preferenza per i poveri accompagnata da uno stile di vita essenziale e sobrio, il desiderio ardente della pace unito ad un accorato appello al disarmo. E ancora: la passione per una Chiesa missionaria e soprattutto serva, l’accoglienza umile e generosa dello straniero e del migrante, la lettura lucida e realistica del mondo, illuminata dalla speranza di una nuova primavera. E si potrebbe continuare. La verità è che gli uomini che profumano di Vangelo si rassomigliano.

Quella di don Tonino è stata un’esistenza impastata di Vangelo e per questo sempre attuale, attraente e capace di parlare al cuore di ogni uomo. Convince ancora il suo esempio di credente audace e di pastore coraggioso, nonostante siano trascorsi quasi trent’anni dalla sua morte. La spiegazione di tanto fascino ce la offre un altro grande profeta dei nostri tempi, san Paolo VI, che nella coerenza tra esistenza e fede scorgeva il segreto della vera santità: a parlare di Dio, di amore, di pace, di giustizia, di fraternità deve essere prima la vita e poi le parole. È rimasta celebre la sua intuizione: «Il mondo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Tuttavia, nel ministero di don Tonino è stato altrettanto decisiva la parola, parlata e scritta, che era in grado di arrivare dritta al cuore di tutti. Le sue riflessioni, intrise di quotidianità e di poesia, come un vomere riescono a dissodare il terreno delle nostre sicurezze e a permettere al seme di Dio di penetrare in profondità. Quelle di don Tonino, insomma, sono una vita e una parola benedette, specchio nel quale, senza provare imbarazzo, ognuno di noi può vedere riflessi i propri limiti, ma anche gli slanci generosi, i propositi e i sogni più belli. Se non è ardita l’immagine, paragonerei i suoi scritti alla mano tesa di un buon padre di famiglia, ferma e sicura nell’atto di accompagnare i suoi figli per i sentieri nascosti e talvolta impervi dell’immenso campo della storia.

Uomo della comunione e del confronto, don Tonino può costituire un riferimento culturale per la costruzione di un umanesimo capace di sbriciolare i muri della divisione e di rompere la morsa di ideologie che globalizzano l’indifferenza e l’individualismo. Dio solo sa quanto bisogno abbiamo oggi di “credenti credibili”, di cristiani innamorati di Dio e del Vangelo, di pastori appassionati e disposti a lottare per un mondo meno iniquo e bellicoso, di uomini disposti a schierarsi dalla parte degli ultimi e realizzare gesti di prossimità, di araldi che sanno forzare l’aurora e annunciare cieli nuovi e terrenuove. Ricordo la coraggiosa marcia a Sarajevo, che don Tonino realizzò con altri cinquecento pellegrini di pace in situazioni estreme e ormai consumato dalla malattia (1992): è un esempio commovente di amore per il Signore e per l’umanità, che neanche l’esperienza lancinante della sofferenza riesce a scalfire. Lo raccontava bene papa Francesco durante la sua visita alla diocesi di Molfetta nel 2018: “Don Tonino ha vissuto così: tra voi è stato un vescovo-servo, un pastore fattosi popolo, che davanti al tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente” (Omelia del 20 aprile 2018).

Ringrazio la diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e la Fondazione “Don Tonino Bello” per aver pubblicato questo volume. Esso si aggiunge alle già numerose pubblicazioni su don Tonino, e tuttavia ha il pregio di far conoscere l’afflato pieno di riconoscenza di tanti confratelli vescovi, che in lui scorgono un esempio di pastore: emerge, in tal modo, il volto di una Chiesa bella, che a dispetto di tanti pregiudizi, rivela di saper gareggiare nella stima vicendevole (cfr. Rm 12,10). Si tratta di un vero esercizio di umiltà, utile a riconoscere, apprezzare e indicare a tutti i talenti di chi, con passo felpato, ci cammina accanto.

Ho trovato in un libretto queste parole toccanti, che don Tonino ha pronunciato l’8 aprile 1993, a conclusione della Santa Messa crismale celebrata qualche giorno prima della sua prematura dipartita. Mi piace riproporle qui, perché rivelano la cifra spirituale della sua alta statura di credente e di vescovo. Ma anche perché possono diventare la chiave giusta con cui leggere i contributi presenti in questo testo, tessere che arricchiscono il mosaico del profilo umano del Servo di Dio don Tonino, instancabile cercatore della verità. Queste parole augurali ci facciano riscoprire ancora di più la bellezza del Vangelo, gonfino di speranza le vele del nostro cuore e ci conducano al largo, verso orizzonti luminosi di una fraternità vissuta.

«Tanti auguri di speranza. […] Vedrete come, fra poco, la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo, perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe. […] Non andiamo verso la fine, ma verso l’inizio. […] Coraggio! Vogliate bene a Gesù Cristo, amatelo con tutto il cuore, prendete il Vangelo tra le mani, cercate di tradurre in pratica quello che Gesù vi dice con semplicità di spirito. […] Poi, amate i poveri. Amate i poveri perché è da loro che viene la salvezza, ma anche la povertà. Non arricchitevi. È sempre perdente chi vince sul gioco della Borsa. Vi abbraccio tutti, ad uno ad uno. […] Vorrei dire a tutti, ad uno ad uno, guardandolo negli occhi: “Ti voglio bene”» (don Tonino Bello).