
«Ero… carcerato…» (Mt 25, 35-36): queste parole di Cristo sono risuonate
oggi per noi nel brano evangelico poc’anzi proclamato. Esse richiamano dinanzi
agli occhi della nostra mente l’immagine di Cristo effettivamente carcerato. Ci
pare di rivederlo la sera del Giovedì Santo nel Getsemani: Lui, l’innocenza personificata, attorniato come un malfattore dagli sgherri del Sinedrio, catturato e
condotto davanti al tribunale di Anna e di Caifa. Seguono le lunghe ore della
notte in attesa del giudizio davanti al tribunale romano di Pilato. Il giudizio ha
luogo la mattina del Venerdì Santo nel pretorio: Gesù è in piedi davanti al Procuratore romano, che lo interroga. Sul suo capo pende la richiesta della condanna a morte mediante il supplizio della croce. Lo vediamo poi legato ad un palo
per la flagellazione. Successivamente è coronato di spine… Ecce homo – «Ecco
l’uomo». Pilato pronunciò quelle parole, contando forse su una reazione di umanità da parte dei presenti. La risposta fu: «Crocifiggilo, crocifiggilo!» (Lc
23, 21). E quando finalmente tolsero i lacci dalle sue mani, fu per inchiodarle
alla croce.